Bruxelles – La creazione di un’unione bancaria europea presuppone che Italia e Germania inizino a dialogare tra loro. Questo il pensiero di Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo e ministro delle Finanze uscente olandese, il quale ha rivolto ai due Paesi un invito ad “iniziare un negoziato” che vedrebbe una riduzione dell’esposizione di titoli del Tesoro di Roma da parte delle banche italiane, in cambio di un assenso di Berlino alla “condivisione dei rischi” con una garanzia europea sui depositi dei risparmiatori. “Le condizioni posso procedere in parallelo”, ha affermato Dijsselbloem, che ritiene l’interazione tra i due Paesi una questione di fondamentale importanza, visto che “dobbiamo andare avanti con l’unione bancaria”.
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il presidente dell’Eurogruppo ha spiegato che esiste una correlazione tra l’allentamento della crisi bancaria italiana e il calo del deficit del paese nel sistema di pagamenti dell’euro. “Quando c’è più fiducia nel settore bancario tedesco che in quello italiano, si tendono a portare i propri soldi da una banca italiana ad una tedesca. E un’istituzione americana che vuole operare in Europa, preferirà farlo da Francoforte che da Milano”. Così, ha spiegato Dijsselbloem, “l’afflusso di denaro verso la Germania e fuori dall’Italia spiega perché la prima abbia un surplus e la seconda un deficit nel sistema di pagamenti interno all’area euro”.
Tuttavia, ora che l’Italia sta chiudendo alcune banche, ristrutturando, ricapitalizzando e affrontando la questione dei crediti bancari, “la fiducia sul sistema finanziario del Paese torna ad aumentare”. Sulle misure adottate dal governo per le banche venete, Dijsselbloem si dice positivo: “È un bene che l’Italia stia affrontando i problemi del credito”. Ciò che conta, per l’olandese, è ricreare la fiducia nel sistema bancario, e “se questa si rafforza – ha spiegato – si vedono subito i capitali che tornano da istituzioni bancarie nel Nord Europa a istituzioni bancarie nel Sud”.
“Salvare le banche costa caro”, ha ammesso tuttavia Dijsselbloem e per questo, “sono a favore di un meccanismo come il bail-in, che proteggae i contribuenti”. D’altronde, la trasformazione dei problemi bancari in debito pubblico sembra essere un meccanismo piuttosto naturale: “L’abbiamo visto ovunque – ha affermato – in Irlanda dove il debito è passato da un bassissimo livello a più del 100%, così come nella stessa Olanda il cui debito è salito dal 45% al 70%”. In Italia però, ha tenuto a chiarire il ministro, nonostante “il debito inizierà a calare, se non quest’anno, il prossimo, ci sono enormi problemi ereditati dal passato e una clientela al dettaglio esposta sulle obbligazioni”. Insomma, nel nostro paese un prezzo da pagare c’è ancora e il presidente dell’Eurogruppo teme che ciò “coinvolgerà del denaro pubblico”. Tuttavia, guardando al lato positivo, Dijsselbloem vede “un’economia che migliora e banche che riprendono a fare credito”.
Sul lungo termine, l’olandese si è detto molto motivato a proteggere i contribuenti il più possibile: “Ovunque in Europa la gente comune deve pagare un prezzo enorme per salvare le banche: non riesco proprio a difendere un’idea del genere”.
Sul burden sharing (la conversione delle obbligazioni subordinate in azioni), invece “sono molto stretto”, ha dichiarato il ministro. “La questione centrale – ha spiegato – non è se gestiamo questi prestiti andati a male con un veicolo speciale o nelle banche stesse”, ma piuttosto, “chi si farà carico delle perdite dovute ai crediti di default delle manche e quando le si assumono in pieno”. Secondo l’olandese, continuare a spostare verso il futuro trasformandole in debito pubblico non sarebbe una soluzione vincente. Al contrario, ciò non porterebbe ad altro che a un accumulo di perdite. “Quando si tratta di chiedersi se delle istituzioni private si debbano prendere delle perdite, credo che la risposta debba essere affermativa. E questo implica burden sharing per i privati”, ha affermato Dijsselbloem, che si è espresso in favore della protezione dei piccoli risparmiatori. Tuttavia, al presidente dell’Eurogruppo, una cosa è chiara, e cioè che “non possiamo come Stati continuamente assumerci le perdite che emergono nelle banche e sono a carico delle istituzioni finanziarie che vi hanno investito”, ha chiarito il ministro, concludendo che “i bilanci pubblici devono fare cose diverse, preparare il futuro”.