Roma – In molti Paesi dell’Unione europea sono troppe e in crescita le restrizioni e gli attacchi alle Ong, e ciò rappresenta “una minaccia per la democrazia partecipativa”. È la tesi di uno studio condotto dal ricercatore Israel Butler per la Civil liberties union for Europe. Con il codice di condotta per le organizzazioni non governative che salvano migranti nel Mediterraneo, anche l’Italia risulta tra gli Stati membri che hanno iniziato a mettere i bastoni tra le ruote a queste realtà dell’associazionismo.
Secondo il rapporto, si registrano “attacchi retorici da parte di politici e media” in diversi Paesi Ue, “inclusi Bulgaria, Croazia, Ungheria, Italia, Polonia e Romania”. Se alla lista si sostituisce la Croazia con la Spagna, ecco l’elenco dei territori in cui si sono registrate addirittura aggressioni fisiche a esponenti o beni materiali delle Ong, o incitamento all’odio nei loro confronti.
Se le campagne denigratorie di politici e media “minano la fiducia del pubblico” nei confronti delle organizzazioni, neppure i governi danno loro respiro finanziario. “I fondi pubblici per le Ong che promuovono i diritti fondamentali sono crollati”, denuncia Butler. In parte è dovuto a un generico calo della spesa statale, spiega. Tuttavia, accusa, “in alcuni Stati come Croazia, Ungheria e Polonia” i tagli hanno “motivazioni politiche”, dal momento che hanno comportato “uno slittamento dei finanziamenti dalle organizzazioni critiche rispetto ai partiti al governo verso quelle più amichevoli”.
Il rafforzamento dei “vincoli burocratici” nei confronti delle Ong è un problema in Croazia, Germania, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Spagna. Per lo più, è la denuncia, si tratta di lacciuoli che complicano la raccolta di fondi “con il pretesto di interventi contro il riciclaggio di denaro o il finanziamento del terrorismo”.
Di fronte a questa realtà, le istituzioni dell’Ue dovrebbero adottare alcune misure per proteggere le Ong e il loro ruolo di promotori e difensori dei diritti umani e dei valori della stessa Unione europea, suggerisce lo studio. Si chiede di “creare un fondo per le Ong operanti nell’Ue”, da affidare a una gestione “indipendente dalle autorità nazionali ed europee stesse”. Anche perché, denuncia Butler, i “modesti” finanziamenti che Bruxelles riserva alle Ong “tendono a essere garantiti solo a organizzazioni europee o internazionali”, mentre quelle nazionali, più piccole e con maggiori difficoltà, restano pressoché a bocca asciutta.
Poi c’è la richiesta di stabilire “un punto di contatto nella Commissione europea o un osservatorio” al quale le ong possano segnale abusi, attacchi politici o aggressioni nei loro confronti, e che “riferisca direttamente al primo vicepresidente della Commissione Ue”. Sempre all’interno dell’esecutivo comunitario bisognerebbe “designare una figura politica di alto rango responsabile di rilasciare dichiarazioni e operare interventi diplomatici” per difendere le Ong sotto attacco. Infine, l’ultimo invito è quello di “sviluppare un quadro regolatorio per proteggere le libertà di cui le Ong hanno bisogno per svolgere le loro attività”.