Bruxelles – Indicatori decisamente positivi quelli rivelati dall’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) nell’ultimo report sullo stato dell’energia nel continente, che descrivono un’Unione che punta meno sui combustibili fossili e più sulle risorse ‘verdi’. Tra il 2005 e il 2015 l’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia nell’Ue è quasi raddoppiato passando dal 9% a quasi 17, mentre nel 2015, il vento, il sole e la biomassa e le energie rinnovabili hanno pesato per il 77% della nuova capacità di generazione nell’Ue. Alla base di ciò sarebbe l’aumentata efficienza energetica delle fonti rinnovabili, oltre alla riduzione dei costi delle tecnologie impiegate nel settore, in particolar modo per quanto riguarda gli impianti eolici e fotovoltaici.
Guardando ai singoli stati, stando agli ultimi dati disponibili relativi al 2015, la Svezia risulta essere il migliore esempio da seguire, con il il 53,9% del consumo di energia finale lordo proveniente da fonti rinnovabili. A seguire la Finlandia (39,3%), la Lettonia (37,6%), l’Austria (33%) e la Danimarca (30,8%). L’Italia, in termini percentuali, risulta ferma soltanto al 17%, anche se rientra tra gli 11 paesi europei che già nel 2015 potevano vantare di aver raggiunto i target previsti per il 2020 dalla direttiva europea sulle rinnovabili. Insieme al nostro paese, figurano tra i virtuosi anche Svezia, Finlandia, Danimarca, Croazia, Estonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca e Ungheria.
Nonostante i miglioramenti, chiarisce il report, i combustibili fossili continuano ad essere la fonte di energia dominante nell’Ue e, secondo l’Aea, serve un’ulteriore passo per riuscire a “raccogliere, conservare e trasportare” l’energia prodotta da fonti rinnovabili in modo più efficiente. Oltre a ciò, ha indicato l’Agenzia, è necessario “muovere da un numero molto limitato di grandi produttori che privilegiano determinati carburanti alla produzione decentralizzata da parte di più soggetti, sfruttando il potenziale energetico locale delle energie rinnovabili”.