Bruxelles – A fatica, iun poco alla volta, l’Italia cerca di strapparsi di dosso la maglia nera per maggiore quantità di giovani completamente inattivi, quanti non hanno un lavoro e neppure lo cercano. Eppure, nonostante i progressi compiuti i Neet, la categoria di quanti non studiano, non lavorano né si trovano in fase di formazione, continua a essere la più alta dell’Ue. Tra la fascia d’età compresa tra i 15 e i 29, quella coperta dalla Garanzia giovani in Italia, il tasso di Neet è al 24,3%, come nessun altro. E se si restringe il campo alla sola fascia d’età compresa tra i 20 e 24 anni, il dato raggiunge il 29,1%. Una differenziazione non marginale, secondo Eurostat. I dati dell’istituto europeo di statistica difusi oggi rilevano che tra i giovani di età compresa tra 20 e 24 si è registrato il più alto aumento di inattività totale su scala decennale. Dal 2006 al 2016 è cresciuta di nove punti percentuali a Cipro, di otto in Spagna, e di sette e mezzo in Italia. Divari impressionanti, rispetto alla media Ue (+0,4 punti percentuali).
L’Italia dunque fa poco, o comunque non abbastanza. I dati mostrano i progressi compiuti. Dopo un aumento costante dei giovani in totale inattività a partire dal 2008, anno di inizio della crisi, dal 2015 il fenomeno ha iniziato a invertirsi. Dal 26,2% del 2014, la quota di Neet under 30 si è ridotta al 25,7% nel 2015 e ancora al 24,3% nel 2016. Non ci sono numeri assoluti nei dati forniti da Eurostat, e quindi non è possibile quantificare i giovani italiani inattivi. Ma continuano nonostante tutto a essere più di tutti i loro coetanei europei.