Bruxelles – Ci risiamo. Il Belgio ancora una volta non ha avvertito nei tempi dovuti l’Unione europea della presenza di uova contaminate. E’ giù successo quasi vent’anni fa, e allora il governo la pagò cara in termini elettorali. Ora la storia sembra ripetersi, almeno nella battute iniziali della storia delle uova ‘positive’ al Fipronil, insetticida autorizzato nell’Ue fino alla fine di settembre. La sostanza non può essere somministrata ad animali, eppure se i prodotti animali – in questo caso le uova – ne contengono tracce, qualcosa è andato storto.
La Commissione europea oggi ha chiarito di essere stata avvertita sol il 20 luglio, e di non avere avuto alcun tipo di informazione. Questo significa che se veramente l’agenzia belga per la sicurezza degli alimenti (Afsca) sapeva della presenza di uova contaminate prima di quella data allora il governo del regno rischia di aver violato le normative comunitarie. Per questo si rischia la procedura d’infrazione.
Il regolamento europeo 178 del 2002 sulle procedure nel campo della sicurezza alimentare prevede un sistema di allarme rapido per la notificazione di un rischio diretto o indiretto per la salute umana dovuto ad alimenti o mangimi. Vuol dire che ai sensi del regolamenti “gli Stati membri notificano immediatamente alla Commissione qualsiasi misura” che esiga un intervento rapido per proteggere la salute umana. Non sembra essere questo il caso per il Belgio.
“Solo il 20 luglio la Commissione europea ha ricevuto la notifica dal Belgio” della presenza di uova contaminate da Fipronil attraverso il meccanismo di allarme rapito, ha chiarito Mina Andreeva, portavoce dell’esecutivo comunitario. “Nessuna informazione sulla contaminazione ci è arrivata prima di quella data neanche attraverso gli altri canali”. Una precisazione non casuale, in quanto “ci sono obblighi giuridici” per gli Stati. La Commissione fa sapere che se verrà confermata la violazione delle norme comunitarie per il Belgio partirà la procedura d’infrazione.
Tanto più che il Belgio si trova in una situazione di recidività. Già nel 1999 non comunicò per tempo la presenza di uova alla diossina. Il problema sorse a gennaio, ma venne alla luce solo a maggio. Il Paese lo tenne nascosto all’Europa, che aprì una procedure d’infrazione per non aver notificato aggirando quindi il meccanismo di allarme rapido. Il dossier poi si fermò. Il Belgio non arrivò mai davanti alla Corte di giustizia dell’Ue. Nel frattempo i cristiano-democratici vennero puniti dagli elettori alle elezioni federali e regionali. Dopo 60 anni un liberale si ritroverà a guidare un governo belga: era Guy Verhofstadt, attuale responsabile per la Brexit del Parlamento europeo.
Oggi a essere investito dal nuovo scandalo delle uova contaminate è invece un liberale, Charles Michel, evidentemente non contento di essere ricordato come il capo del governo sotto cui il Belgio ha subito i primi attacchi terroristici (e si auspica siano anche gli ultimi) della propria storia, di essere finito al centro di polemiche per la carenza di informazioni sui responsabili degli attacchi di Parigi del novembre 2015, e al centro del dibattito sul prolungamento del ciclo di attività delle centrali nucleari belghe. Domani riferiranno in parlamento i ministri Maggie De Block (Salute, dei liberali fiamminghi di Open Vld) e Denis Ducarme (Agricoltura, dei liberali francofoni Mr), ma già oggi il commissario europeo per la Salute, Vytenis Andriukaitis ha avuto modo di parlare con il ministro dell’Agricoltura del Belgio. Insomma, i belgi non sembrano aver imparato la lezione, e dieci anni dopo ecco un’altra frittata.