Bruxelles – L’Italia è sotto la soglia del 3%. Ma non si parla del rapporto deficit/Pil, e quindi non è proprio una buona notizia. Si parla di birra, e quella tricolore vale appena il 2,8% dell’intera produzione comunitaria, che fa della penisola il decimo Stato membro per bottiglie e casse immesse nel mercato unico. A proposito di mercato unico, il Regno Unito con 5,1 miliardi di litri prodotti nel 2016 risulta il secondo produttore di birra dell’Ue, e l’uscita di Londra dal club a dodici stelle pone il problema del futuro di questo mercato tutto britannico che rischia di non trovare più sbocchi all’estero a causa della Brexit. E’ quanto emerge dal rapporto Eurostat sulla produzione di birra da malto. Si tratta di una fotografia dell’intero settore, che comprende quindi birre industriali e artigianali.
La Germania si conferma ancora una volta leader nella produzione. Nel 2016 più di un quinto della birra nell’Ue (21%) è risultata di marca tedesca. Un primato che non si riflette sulle esportazioni: a vendere all’estero più di tutti sono i Paesi Bassi (1,9 miliardi di litri), e solo dopo la Germania (1,7 miliardi di litri). Le “bionde” tedesche sono quindi destinate ai consumi interni, e la cosa non sorprende: la birra è una componente fondamentale della cultura germanica. Dopo le birre olandesi e tedesche ‘spopolano’ quelle belghe: fra doppio malto, triplo malto, d’abbazia, trappiste, le mille e una birra del Belgio risultano le terze più esportate tra quelle dell’Ue.
Quello italiano si conferma non uno tra i mercati principali della bevanda (il decimo, per ordini di produzione), oltretutto ridottosi tra il 2015 e il 2016 (1.088.880.702 litri, 67mila litri in meno). Un dato che va letto tenendo conto che l’Italia è leader europeo nella produzione di vini, anche più della Francia. C’è dunque un’attenzione diversa a questo tipo di prodotto, per ragioni culturali, storiche e di sistema Paese.