Roma – Dagli antipasti di campagna elettorale che il segretario del Pd, Matteo Renzi, ci ha fatto assaggiare nei giorni scorsi, è chiara la sua intenzione di mantenere alto il livello di scontro con l’Ue. Per togliere argomenti a Lega e M5s, è partito lancia in resta contro il Fiscal compact. Ha anche minacciato di tagliare il contributo nazionale al bilancio comunitario, se non verranno distribuiti gli oneri dell’accoglienza dei migranti. Al momento di formare il suo battaglione per la guerra, però, non ha neppure nominato un ‘generale’ che conduca le operazioni. Tra le 20 donne e 20 uomini che da stamattina occupano i 40 dipartimenti dell’esecutivo Pd, infatti, non figura nessun responsabile per le politiche europee, c’è addirittura una responsabile del settore “mamme”, uno per la “lotta allo spreco alimentare”, ma nessuna del settore “Europa”.
È presente una responsabile per i Fondi europei, l’eurodeputata Pina Picierno. Fuori dai 40, è stato designato un responsabile dei rapporti del Pd a livello internazionale e con il Partito socialista europeo. È l’ex sindaco di Torino, Piero Fassino, al quale, come recita il comunicato di Largo del Nazareno, “è stato (sic.) attribuita la responsabilità di tutta la proiezione internazionale dell’attività del Partito, a cominciare dalla rappresentanza dentro gli organismi del Partito Socialista Europeo”. Oltre a queste due figure, però, nessuno che si occupi espressamente dell’Unione europea nel complesso.
“Si è scelto di affrontare il rapporto con l’Ue in modo orizzontale”, indica uno dei componenti della squadra. Quasi ognuna delle deleghe affidate dal segretario, sottolinea, implica un rapporto con l’Unione europea. Dunque, di volta in volta, se ne occuperà un responsabile diverso a seconda delle competenze.
Una strategia che potrebbe sembrare sensata. Funziona così anche il Consiglio dell’Unione europea, dove i governi sono rappresentati da un ministro diverso a seconda della composizione che si riunisce. Peccato però ci sia anche il Consiglio Affari generali, che raggruppa tutti i ministri per gli Affari europei degli Stati membri. Si tratta di figure alle quali, tra gli altri, è affidato un importante compito di coordinamento dell’azione di governo in relazione all’Ue. Non è un caso che siano proprio questi ministri (o sottosegretari come nel caso italiano), prima di ogni Consiglio europeo, a preparare il Vertice dei capi di Stato e di governo. Il responsabile degli Affari europei è come un ufficiale di coordinamento.
Ufficiale di coordinamento di cui Renzi ha scelto deliberatamente di privarsi nel Pd. Serve una responsabile per le Mamme, la parlamentare Titti di Salvo, con compiti che evidentemente non potrebbero essere svolti dalla responsabile alle Pari opportunità Silvia Fregolent. Sono necessarie la delega al Commercio, un’altra alle Piccole e medie imprese, un’altra all’Innovazione e un’altra ancora all’Energia, per non oberare di troppo lavoro il deputato Ernesto Carbone, responsabile dello Sviluppo economico. Troppa fatica per una sola persona, poi, gestire contemporaneamente le deleghe all’Urbanistica e alla Rigenerazione urbana.
Difficile comprendere i criteri scelti da Renzi, uno dei presidenti del Consiglio con meno ministri nella storia d’Italia, per formare la squadra del Pd che spera lo riporti a Palazzo Chigi. Il segretario ha moltiplicato i dipartimenti del partito incurante delle possibili – a volte scontate – duplicazioni, e non ha scelto nessuno che lo affianchi sul fronte della battaglia che si annuncia più caldo, quello europeo. Se nonostante tutto riuscirà a vincere, c’è da augurarsi che non operi la stessa moltiplicazione con i ministeri, e soprattutto che mantenga almeno un sottosegretario per gli Affari Ue.