Roma – Il Piano d’azione Ue per la Difesa comune, la proposta della Commissione europea che punta a mettere insieme i portafogli, le aziende e la ricerca degli Stati membri in questo ambito, è da valutare positivamente, e il governo deve impegnarsi a sostenerlo. La pensano così i deputati della commissione Difesa della Camera. Lo hanno scritto nel parere positivo al documento attorno al quale, su spinta dell’esecutivo comunitario, si sta stringendo una cooperazione strutturata permanente tra alcuni Paesi membri.
“La costruzione di un’Europa della difesa va considerata una priorità assoluta”, scrivono i parlamentari nel testo che, riporta il relatore Daniele Marantelli (Pd), “è stato approvato di fatto senza un voto contrario, perché si è registrata l’astensione del Movimento 5 stelle e del componente di Mdp. Gli altri erano tutti d’accordo”.
Bisogna proseguire verso una maggiore integrazione nell’ambito della difesa, dunque. E se per ora la strada è quella di mettere insieme risorse, progetti di ricerca e collaborazione a livello industriale, bene. Però, avvertono i deputati, bisogna “evitare la penalizzazione delle aziende che, a seguito dei processi d’integrazione e razionalizzazione del settore della difesa a livello europeo, dovessero essere marginalizzate, con conseguente impatto negativo in termini di occupazione”.
Mettiamo insieme le forze, quindi, ma stiamo attenti a non disperdere il patrimonio produttivo italiano nel settore della difesa, finendo per rafforzare solo le industrie altrui. Quali siano i partner da temere lo spiega ancora Marantelli. “Non ci sfugge il rafforzamento dell’asse franco-tedesco”, indica l’esponente dem. “Noi però pensiamo che l’Italia debba giocare un ruolo importante e ambizioso”, prosegue.
In quest’ottica, nel documento approvato ieri, i parlamentari chiedono che “il governo si adoperi nelle sedi europee per aiutare l’industria e la ricerca nazionali”. Devono poter “concorrere in condizioni di effettiva parità con quelle degli altri Paesi per l’accesso ai fondi del Piano d’azione”, e “integrarsi virtuosamente nel futuro sistema europeo”.
Quello dell’integrazione virtuosa, però, non è un risultato garantito per tutte le imprese. Così, secondo i deputati, “si dovrebbe valutare la possibilità di attuare iniziative a supporto degli eventuali processi di riconversione delle attività industriali”. Le aziende che saranno penalizzate da questo processo, dovrebbero essere aiutate a convertirsi ad altre produzioni per “attutire possibili conseguenze negative sull’occupazione”. Conseguenze che, sottolinea ancora il relatore, vanno evitate “non solo per l’azienda per noi più rilevante, che è Leonardo Finmeccanica, ma anche per quelle piccole e medie”.