Bruxelles – Un contratto “a tempo indeterminato” che scade il giorno prima di quando il lavoratore compie 25 anni è legittimo. Lo stabilisce una sentenza della Corte di giustizia europea in una causa proposta da un dipendente della casa di mode e catena di negozi Abercrombie & Fitch.
La vicenda nasce per iniziativa di un lavoratore, il signor Bordonaro, che veniva assunto nel 2010 dalla filiale italiana della nota casa Abercrombie & Fitch con contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, poi convertito a tempo indeterminato il primo gennaio 2012. Il 26 luglio del 2012, però Bordonaro veniva licenziato per compimento del venticinquesimo anno di età.
Il lavoratore ricorse in giudizio e la questione arrivo sino alla Corte di Appello di Milano che ritenne il licenziamento discriminatorio e condannava la società a riammettere il signor Bordonaro nel posto di lavoro.
Abercrombie non accettò la sentenza e ricorse in Cassazione, dove si decise di sollevare davanti alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale, chiedendo se sia compatibile con il diritto dell’Unione la normativa italiana (D.lgs. 276/2003) secondo cui il contratto di lavoro intermittente può riguardare soltanto lavoratori di età inferiore a 25 anni o superiore a 45.
Con la sentenza di oggi la Corte europea ha dato ragione a Abercrombie & Fitch, dichiarando che “tale normativa non contrasta con il diritto dell’Unione, in particolare con la Carta dei diritti fondamentali e con la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”.
Secondo i magistrati europei la previsione, per il datore di lavoro, della facoltà di concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e di licenziare il lavoratore al compimento del venticinquesimo anno, “persegue una finalità legittima di politica del lavoro e del mercato del lavoro e costituisce un mezzo appropriato e necessario per conseguire tale finalità”.
Come sottolinea la Corte, le norme che prevedono la licenziabilità del lavoratore intermittente al compimento del venticinquesimo anno di età “introducono certamente una differenza di trattamento dei lavoratori fondata sull’età. Tuttavia, tale differenza di trattamento è giustificata dalla finalità di favorire l’occupazione giovanile”. I giovani sotto i venticinque anni, rileva la Corte Ue, “sono normalmente penalizzati sul mercato del lavoro dall’assenza di esperienza professionale”. Per controbilanciare questa situazione, il contratto intermittente “riservato agli infraventicinquenni consente agli stessi non tanto di ottenere un lavoro stabile quanto piuttosto di avere una prima esperienza lavorativa funzionale al successivo accesso al mercato del lavoro”.
I magistrati sostengono anche che ai lavoratori intermittenti, nei periodi di lavoro, è garantito un trattamento complessivamente “non meno favorevole” rispetto a quello di un lavoratore stabile con mansioni equivalenti. Dunque, in sintesi “nella la misura in cui il limite di venticinque anni di età sia da considerarsi uno strumento appropriato e necessario a raggiungere i richiamati obiettivi di politica occupazionale, deve considerarsi legittimo nel quadro nell’ordinamento dell’Unione”.