Bruxelles – Il Libano è sul punto di esplodere, e se l’Unione europea non fa qualcosa, la bolla dei rifugiati siriani rischia di scoppiare. Il ministro degli Esteri libanese, Gebran Bassil, lancia l’allarme. “Stiamo ancora confrontandoci con le ricadute negative dei rifugiati e degli sfollati siriani” e “la situazione non può andare avanti”.
Ci sono tre problemi per il Libano, lamenta Bassil al termine dei lavori del Consiglio Ue-Libano riunitosi a Bruxelles. Da una parte ci sono “le tensioni sociali crescenti” tra la comunità ospitante – che già convive con quella dei profughi palestinesi dal 1947 – e quella ospitata. Dall’altra parte, attorno ai campi di accoglienza “ruota la minaccia terroristica”, ponendo la questione della sicurezza nazionale. C’è poi il problema economico. Da un punto di vista finanziario “i donatori hanno mostrato fatica” nel sostenere le autorità libanesi. Qui il capo della diplomazia di Beirut si sente di dover rimproverare quanti hanno promesso senza ancora mantenere. “Siamo delusi dalla mancanza di condivisione degli oneri”, rivela senza fare nomi. È facile intuirli quando scandisce, testualmente, che “tutti i nostri partner devono tenere a mente che il nostro impegno si basa sul principio del non respingimento”.
Il Libano, Paese con 4,4 milioni di abitanti, ospita al proprio interno circa 1,5 milioni di siriani. E’ il Paese che ha il maggior numero di siriani per densità di popolazione: attualmente, una persona su quattro in Libano è un esule siriano.
Sono soprattutto a livello occupazione le tensioni tra libanesi e siriani: l’ingrossamento del bacino di manodopera siriana è percepita come una forma di dumping sociale da parte dei locali. Ora il Libano è sempre più vicino al punto di crollare, e il suo ministro degli Esteri chiede il soccorso europeo. “Chiediamo l’assistenza dell’Ue per gestire questa tensione crescente”.
Risorse economiche, certo, così come assistenza. Molto, ricorda il ministro libanese, è stato fatto in chiave anti-terrorismo. “Il contributo dell’Ue ha permesso che non vi fossero infiltrazioni terroristiche nei campi” in cui sono sistemati i siriani, ma molto dovrà esser ancora fatto, e non solo su questo fronte.
Va trovata la pace, il vero nodo politico. “La ricostruzione della Siria deve avvenire per mano dei siriani, che vanno messi nelle condizioni di poter tornare a casa”. Il Libano accoglie e assiste, ma se inizia a pensare di far rientrare i siriani in patria, allora vuol dire che inizia a non poterne più.