Bruxelles – Arriva dalla Corte europea di giustizia un nuovo, forte, ammonimento all’Italia per la sua legge sulla prescrizione nei procedimenti penali perché crea “un rischio sistemico di impunità”.
Lo dice l’avvocato generale della Corte, Yves Bot, nel suo parere su una vicenda legata a violazioni di carattere fiscale e alla possibilità di perseguimento del reo, che prende in esame tutta la normativa italiana sulla prescrizione.
Nelle sue conclusioni presentate oggi (alle quali, di norma, la Corte si adegua anche se non vi è vincolata) Bot evidenzia che, “se può rientrare nell’alveo del principio di legalità prevedere, a partire dal giorno del commesso reato, un termine oltre il quale il procedimento penale non può più essere iniziato, per contro è assolutamente indispensabile che il procedimento penale, una volta avviato, possa compiersi sino in fondo”. Cioè la prescrizione, in sostanza non deve poter intervenire, come accaduto in Italia, il giorno prima di una sentenza in un procediemnto che è stato aperto nei termini, ma che si è prolungato per la sua complessità.
Secondo il magistrato europeo, “l’unico limite temporale massimo ammissibile deve quindi coincidere con la ragionevole durata del processo ed essere pertanto valutato tenendo conto, tra l’altro, della complessità oggettiva della specifica vicenda”. Secondo Bot, dunque “diversamente ragionando, si giustificherebbe un sistema penale in cui, di fatto, i reati più gravi sono destinati a rimanere impuniti e i diritti lesi da tali reati a restare privi di tutela”.
Già altre sentenze della Corte Ue, in realtà, hanno rilevato, appunto, l’esistenza di questo che Bot ha chiamato “rischio sistemico d’impunità”.
Peraltro, anche la Corte europea dei diritti dell’Uomo (organismo non dell’Ue ma del Consiglio d’Europa), in almeno due sentenze (Alikaj e Cestaro), ha mosso critiche all’Italia per il meccanismo della prescrizione adottato nel codice penale, “che può – spiega Bot – comportare effetti contrari alle esigenze di protezione dei diritti fondamentali, lasciando delle gravi violazioni impunite”.
Secondo l’Avvocato generale dunque, preso atto dell’esigenza essenziale di assicurare la punizione dei reati più gravi, il principio di legalità può dirsi adeguatamente salvaguardato se chi commette un reato è posto nella condizione di sapere: “1) quale reato commette, 2) a che pena rischia di andare incontro nonché, 3) eventualmente (cioè nel caso in cui, come per l’Italia, la prescrizione sia ritenuta ‘coperta’ dal principio di legalità), che, entro un certo termine di prescrizione e non oltre, un procedimento penale potrà essere iniziato a suo carico”.
Se invece il procedimento è stato iniziato entro il limite previsto dalla prescrizione, secondo l’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue “il reo non deve più poter contare sulla prescrizione iniziale, che si è ormai interrotta. A questo punto, deve prevalere sul diritto interno (nella specie, sul diritto italiano) un concetto uniforme di interruzione della prescrizione, secondo cui ogni atto d’imputazione o ogni atto che ne costituisce la prosecuzione interrompe il termine prescrizionale, cancellandolo e sostituendolo con un nuovo termine di durata identica, calcolato a partire dal compimento dell’atto interruttivo”. In sostanza, se una volta aperto il procedimento va avanti, la prescrizione si rinnova ad ogni atto giudiziario che ne conferma il progredire.
Secondo Bot “soltanto questa definizione uniforme dell’interruzione della prescrizione permetterà di assicurare il perseguimento dei gravi reati nell’ambito dell’Unione”, chiosando che, se così non fosse, “la Procura europea che sta per vedere la luce nascerebbe morta e con essa morirebbe il buon funzionamento dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia”.
Insomma, conclude l’avvocato generale “le maggiori garanzie all’imputato offerte dall’ordinamento italiano non possono compromettere il livello di tutela previsto dalla Carta né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione”.