Bruxelles – Il riso prodotto in Europa rischia di scomparire con conseguenze negative non solo per il settore della produzione e delle vendite in numerosi paesi dell’Ue, ma anche per l’ambiente e il tessuto sociale. Per questo, i ministri delle Politiche agricole degli otto Paesi europei produttori di riso, tra cui l’Italia, hanno chiesto un intervento immediato e concreto da parte della Commissione europea col fine di salvaguardare e sostenere il settore.
Tra i 28 Stati membri dell’Ue, l’Italia costituisce il più grande produttore di riso. Secondo gli ultimi dati dell’ente nazionale risi, le aree destinate alla coltivazione del riso nel 2016 ammontano a 234.134,35 ettari, il 3% in più rispetto al 2015. Nel 2015 la produzione ammontava a 1,4 milioni di tonnellate di riso greggio, corrispondente al 50% della produzione europea, concentrata, in gran parte, in Piemonte e Lombardia.
L’aumento delle importazioni di riso dai Paesi meno avanzati di Africa, Asia, Pacifico e Caraibi, che beneficiano di un’esenzione dai dazi per l’esportazione di tutti i prodotti ad esclusione di armi e munizioni, sta attualmente danneggiando e svantaggiando gli agricoltori, le industrie e il mercato dell’Ue. La completa liberalizzazione per i Paesi meno avanzati ha comportato, nell’Ue, un aumento notevole delle importazioni di riso, cresciute del 65% tra la campagna 2008/2009 e quella 2015/2016, e di riso in piccole confezioni, aumentate invece del 45% tra il 2013 e il 2016. A crescere in Ue, inoltre, sono anche i livelli delle giacenze, ovvero di merce invenduta, tanto che per la campagna 2016/2017 la Commissione europea si aspetta il raggiungimento di un livello record pari a 586mila tonnellate, equivalenti al 30% della produzione dell’Ue.
Insomma, numerosi paesi terzi, di cui si intende supportare la crescita e lo sviluppo economico, beneficiano della liberalizzazione del commercio verso il mercato unico europeo, l’Ue accresce le importazioni da questi e a farne le spese sono gli agricoltori europei. Secondo le tendenze evidenziate, due sono i principali rischi reali: la possibilità che l’Ue diventi completamente dipendente dalle importazioni provenienti da Paesi terzi e il conseguente abbandono, nei territori dell’Ue, dei terreni coltivati a riso. Un effetto, quest’ultimo, che potrebbe comportare conseguenze negative per l’ambiente e per il tessuto sociale.
“La crisi del settore è a livello europeo – ha affermato il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina oggi da Bruxelles – e come tale va affrontata”. “La salvaguardia del reddito dei nostri produttori è una priorità – ha proseguito – e per questo continuiamo la nostra battaglia, insieme ad altri sette Paesi dell’Ue che rappresentano praticamente tutta la produzione risicola europea”. Insieme all’Italia, sono stati Francia, Spagna, Bulgaria, Grecia, Ungheria, Portogallo e Romania a sottoscrivere il documento strategico inviato al commissario europeo per l’Agricoltura Phil Hogan, chiedendo alla Commissione di intervenire.
Tra le richieste avanzate dagli otto ministri europei: l’attivazione di una clausola di salvaguardia contro le importazioni di riso in esenzione di dazi, e una valutazione sulla possibilità di rimuovere i vincoli che impediscono l’applicazione delle misure di salvaguardia per le importazioni dai Paesi meno avanzati; il riconoscimento della specificità del settore del riso nella nuova Politica agricola comune (Pac); l’approfondimento degli studi per valutare gli effetti di questi sistemi sui diritti sociali e dei lavoratori nei paesi Eba e le conseguenze ambientale dei sistemi di produzione locali e, infine, il potenziamento di modelli di etichettatura per aumentare il consumo del riso prodotto nell’Ue. Tematica, quest’ultima, su cui si sta impegnando anche il Parlamento italiano con uno schema di decreto legislativo sul mercato del riso riguardante il sostegno alle produzioni italiane anche attraverso l’etichettatura, attualmente in esame alla commissione Agricoltura al Senato.
“Non possiamo più permetterci uno squilibrio di mercato, frutto di accordi che mettono in difficoltà i nostri agricoltori oggi e che, in prospettiva, rischiano di azzerare la produzione europea”, ha concluso il ministro italiano. “È il momento delle risposte per invertire la tendenza, tutelando le produzioni, i paesaggi coinvolti nelle produzioni e garantendo allo stesso tempo sicurezza e trasparenza ai consumatori”.