Bruxelles – Realizzare riforme per rafforzare lo stato di diritto con lo stesso vigore e la stessa consistenza con cui si promuovono i progressi in campo economico: questo l’incoraggiamento principale dato dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk al presidente serbo Aleksandar Vučić in visita oggi a Bruxelles. Il processo di adesione della Serbia, che ha visto l’inizio dei negoziati nel 2014, “dipenderà dai progressi fatti sul piano delle riforme”, ha affermato Tusk ricordando a Vučić che “il segnale definitivo che siete pronti ad entrare nell’Ue è uno Stato di diritto forte e robusto”.
Tusk si è congratulato con il presidente serbo per l’impegno personale messo in campo per garantire la stabilità e la sicurezza nella regione balcanica, “una priorità strategica per l’Ue”, ha specificato Tusk, così come per la promozione del dialogo tra Pristina e Belgrado e la disponibilità a intraprendere una riflessione sulle future relazioni con i Kosovo sia a livello nazionale che con la controparte in questione.
Le parole di elogio e apprezzamento espresse da Tusk, affievoliscono però di fronte all’analisi offerta da Miloš Đajić, attivista e membro del partito democratico della Serbia, che in un post critica l’appoggio dato dall’Ue al nuovo governo e al presidente. Lo scorso 29 giugno Ana Brnabic è stata eletta a primo ministro. Di orientamento liberale e omosessuale dichiarata, “è stata accolta positivamente sa tutti i supporter del processo di adesione del paese all’Ue”, scrive Đajić.
Tuttavia, “supportando questa leadership – critica l’esponente democratico – l’Ue sta consapevolmente “vendendo” lo Stato di diritto per il Kosovo”, e oltre a ciò, attacca Đajić, è lo stesso presidente Vučić a non rispettare le regole, date le “mancate dimissioni dalla carica di presidente del partito progressista serbo, nonostante ciò sia previsto dalla costituzione”. Đajić lamenta anche i regressi in tema di elezioni libere, libertà e indipendenza dei media e attacca l’Ue di non dimostrare il minimo interesse per il “ritorno del paese all’autocrazia”. “Dando legittimità a questo Paese”, avverte Đajić, “l’occidente si mette contro se stesso” e a lungo termine, il rischio è quello di “una maggiore instabilità nel paese”.