Bruxelles – Ricadute negative sui servizi pubblici e concorrenza sleale: questo è ciò che i sindacati italiani temono come conseguenza della ratifica del Ceta, l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada che entrerà in vigore, in modo provvisorio, il prossimo 21 settembre. A sostenerlo è Susanna Camusso, segretaria generale delle Cgil, che oggi parla da Bruxelles, a margine di un evento organizzato per commemorare la scomparsa di Bruno Trentin, ex segretario generale della Fiom e della Cgil, nonché ex deputato al Parlamento europeo: un europeista e “una delle figure che più a segnato l’evoluzione della Cgil”, come ricordano le parole di Camusso.
A chi gli chiede delle possibili ricadute in termini occupazionali che l’entrata in vigore dell’accordo Ue-Canada potrà comportare, Camusso risponde che le maggiori preoccupazioni sono quelle di “un possibile intervento rispetto ai servizi pubblici e della concorrenza sleale”. La segretaria Cgil afferma che “manca il principio di precauzione. Produzioni, marchi e attività a partire dal lavoro agricolo sono imitabili”, sostiene Camusso. Il problema grave è “disperdere ciò che è una ricchezza determinata dalla qualità del lavoro dentro a una competizione che può avvenire per basso costo”. Per questo, oltre alle ricadute in termini di occupazione si temono effetti negativi anche sulla “qualità del lavoro”.
E la sensibilità del Parlamento sul tema sembra non essere ancora sufficiente, nonostante le riserve presentate in Senato sulla ratifica dell’accordo. “Sono molti i Consigli comunali e regionali che si stanno pronunciando contro (il Ceta, ndr), ma mi pare che abbiano ancora troppo poco eco in Parlamento”.
In merito alle proposte avanzate da Matteo Renzi sulla riforma del fiscal compact, la segretaria Cgil ammette che “avere un margine aggiuntivo è utile”, ma poi dipende tutto da come le risorse vengono utilizzate. “Se si vogliono le risorse per rifare le stesse politiche di bonus e incentivi”, come è stato fatto in passato, secondo Camusso il rischio è quello di non centrare il tema che deve essere affrontato: “Investimenti e creazione diretta del lavoro”. “La politica renziana dava incentivi alle imprese e poi attendeva che queste provvedessero e il risultato l’abbiamo visto – critica Camusso -: il tasso di investimenti pubblici e privati nel nostro paese continua a essere bassissimo”. Oltre a ciò, sottolinea, “gli investimenti in settori come ricerca e istruzione che sono invece quelli che hanno determinato la crescita in altri paesi continuano a scendere”.
In europa, “bisogna avere coraggio di dire che il piano Juncker non ha funzionato e che non si può agire in termini di pura ipotesi di leva finanziaria”. Secondo Camusso la necessità di cambiare le politiche europee, i trattati economici e il fiscal compact è indubbia. Ma dall’ex premier Renzi, dice di aspettarsi “una politica di alleanze e l’avvio di una discussione vera per la costruzione di un effettivo cambiamento”. Il rischio sarebbe quello di “marginalizzare il paese” e dare l’idea di chiedere una flessibilità personalizzata, “una flessibilità per noi, con tutto il contorno che ritornerà”.