Roma – “Ieri ho ascoltato la richiesta dell’Italia” di distribuire gli sbarchi di migranti salvati in mare anche nei porti di altri Paesi Ue, “ma non ho sentito disponibilità da parte di nessuno degli altri Stati membri partecipanti alle operazioni navali di Frontex”. Il direttore dell’agenzia europea responsabile dell’operazione Triton nel Mediterraneo conferma il muro di no contro cui l’Italia si era scontrata in sede di Consiglio Affari interni, a Tallin. Anche nella riunione di Frontex che si è tenuta ieri a Varsavia, le resistenze sono rimaste.
Appare quindi difficile si possa sbloccare qualcosa sul piano della condivisione dell’accoglienza. Se l’esecutivo non riuscirà a uscire dall’angolo, dovrà continuare a farsi carico da solo di accogliere le navi, di Ong e non, che portano sulle nostre coste i migranti soccorsi davanti alla Libia. Il terreno sul quale giocare la partita è la revisione dell’operazione Triton. Frontex apre a questa possibilità ed è disponibile a contribuire. Nasce così un gruppo per migliorare il mandato della missione. Si “lavorerà con le autorità italiane e gli esperti di Frontex”, annuncia Leggeri, e il gruppo “si riunirà immediatamente, questa estate”. L’obiettivo, spiega il direttore, “è potere condividere per settembre un progetto con gli Stati membri dell’Ue e di Schengen che partecipano alla missione Triton”.
La decisione di estendere ad altri porti europei le operazioni di attracco delle navi con i migranti, sottolinea Leggeri, è “politica” e “dipende dal consenso unanime degli stati membri”. Frontex può occuparsi dei problemi tecnici e giuridici da risolvere nel caso si decidano eventuali sbarchi nei porti di Paesi diversi da quelli italiani, avverte il direttore dell’agenzia, ma non ha competenza per le decisioni a livello politico. Queste scelte dipendono dai governi nazionali, e spetterà quindi all’esecutivo italiano convincere i partner.
Una maggiore cooperazione, invece, l’Italia la trova sul fronte del regolamento per le organizzazioni non governative. “Vedo la pertinenza di un qualche tipo di codice di condotta, ma non sta all’agenzia di guardia di frontiera e costiera decidere sul contenuto di questo codice”, precisa Leggeri, “ma naturalmente siamo pronti a contribuire”.
Anche sul capitolo rimpatri, il sostegno incontrato dal nostro Paese è decisamente superiore. L’agenzia per la guardia costiera e di frontiera dell’Ue promette un maggiore sostegno in questo tipo di operazione, e Leggeri segnala che anche diversi Paesi membri ha indicato l’intenzione di partecipare alle operazioni per i ritorni rapidi.