Bruxelles – “La decisione di lasciare l’Unione europea ha molte conseguenze, conseguenze sociali, giuridiche, economiche, che vengono sottostimate”. Per questo in realtà la cosa migliore sarebbe che la Brexit non si facesse affatto. “La soluzione migliore numero uno è che il Regno Unito resti un Paese dell’Ue”. E’ il messaggio del negoziatore capo dell’Ue per la Brexit, Michel Barnier, che riafferma una volta di più di essere pronto a negoziare e di essere deciso a farlo, ma in realtà si spera in un cambio di rotta. Anche perché “la soluzione migliore numero due è che il Regno Unito entri a far parte dell’area economica europea”, che però presuppone il rispetto di norme “rigorose” che Londra non sembra affatto intenzionata a rispettare. Si tratta essenzialmente della piena applicazione delle quattro libertà (circolazione di persone, merci, servizi e capitali). Barnier lascia intendere che se i britannici ci ripensano l’Ue sarebbe contenta di evitarsi tutto questo e quello che ne potrà seguire.
Il 17 luglio si terrà il secondo round negoziale, e Barnier lascia intendere che il tavolo potrebbe saltare già la settimana prossima. “E’ indispensabile che la Gran Bretagna riconosca che esistono degli obblighi finanziari”. Se Londra non onora le questioni economiche pendenti, tutto si può bloccare. Diritti dei cittadini, obblighi finanziari e frontiere, sono tre elementi su cui l’Ue pretende “progressi”. Sono elementi “inseparabili” e se non si fanno passi avanti su tutti e tre i dossier non si procede oltre. Parole che sanno di ultimatum. “Serve fiducia, e la fiducia non è solo assicurare più sicurezza ma anche saldare i conti”. Barnier non cede. “Non è una vendetta, ma un costo d’uscita. Non è una vendetta, ma solo una regolamento di conti. Ogni divorzio costa caro”.
Sul tema degli accordi finanziari si è espresso questa mattina anche il capo negoziatore per il Parlamento Ue Guy Verhofstadt, parlando davanti ai deputati della Commissione Affari costituzionali. “La gran Bretagna deve rendersi conto che un accordo su questo punto è necessario presto – ha detto il belga -, mentre invece ancora non abbiamo ricevuto da loro alcun documento su questo punto e non sappiamo nemmeno se riconoscono la necessità di un accordo sulle questioni finanziarie”.
Verhofstadt ha poi ribadito le sue preoccupazioni sui diritti dei cittadini ai quali, secondo lui, “Londra nella sua proposta non riconosce gli stessi diritti di cui godono ora i cittadini dell’Ue, come ad esempio sui ricongiungimenti familiari o sul voto alle elezioni locali”. L’eurodeputato sostiene che il Regno unito pensa a creare “dei cittadini di seconda classe, con diritti squilibrati rispetto a quelli dei cittadini britannici nell’Ue, e c’è poi totale incertezza sulla posizione degli studenti. I cittadini – ha sottolineato – non possono essere le vittime di questa operazione”.
Londra il costo del divorzio lo sta già pagando. La Commissione intende spogliare i posti chiave di funzionari di nazionalità britannica. E’ già successo con Julian King, commissario a cui è state competenze pressoché ininfluenti e certamente non strategiche. A gestire la macchina comunitaria nel suo processo decisionale e operativo non saranno più i britannici, usati per altre mansioni. Anche questo “è il costo della Brexit”. Barnier attende la delegazione del governo di Londra per avviare, questo l’auspicio, il confronto sul dibattito. “Aspettiamo che i britannici esprimano la loro posizione di partenza. La posizione dell’Ue è chiara, attendiamo di conoscere quella britannica”.