Bruxelles – Senza soluzioni immediate con la Brexit “sarà il caos per i voli” da e per il Regno Unito. “I britannici stanno andando verso una hard Brexit”, e lo stanno facendo da soli. “Non hanno idea di quello che stanno facendo” e, soprattutto, non si rendono conto di quello che succederà. “C’è la prospettiva di non avere alcun volo tra l’Ue e il Regno Unito da aprile 2019”, e non è una cosa da poco. Micheal O’Leary, amministratore delegato di Ryanair, offre all’Ue lo scenario che nessuno vorrebbe ma che sempre più, nel settore trasporti, iniziano a considerare come tutt’altro che remoto. Il Parlamento europeo ha invitato rappresentanti del mondo dell’aviazione civile per capire con loro le ripercussioni della Brexit su questo specifico comparto. Ottimismo poco, critiche molte, incertezze troppe. Il tempo per fugare i dubbi non c’è, e non appare realistico ipotizzare accordi di volo tra le due parti.
“L’aviazione non aspetta marzo 2019”, avverte l’ad di Ryanair. La deadline entro cui Ue e Regno Unito dovranno aver trovato l’intesa su come permettere l’uscita di Londra dall’Unione europea è fissata, ma non è la stessa per tutti. “La scadenza per le compagnie è settembre-ottobre 2018, poi inizieremo a cancellare i voli”. Non è una minaccia, ma la reazione normale di un settore si basa sulle prospettive. Le aerolinee devono sapere se riservare o meno le fasce orarie di decollo e atterraggio (slot), che solitamente sono assegnate a cadenza stagionale. Le agenzie di viaggio invece predispongono itinerari, offerte, pacchetti con almeno un anno di anticipo. Già le vacanze. “Con i voli cancellati, anche le vacanze saranno cancellate”, avverte O’Leary. “Gli inglesi sono molto attenti alle vacanze, e quando vedranno che non ci sono più voli low cost dal Regno Unito e che le vacanze saltano, allora cambieranno idea” sull’appartenenza all’Ue. L’impazienza mostrata dal responsabile per le gestione dell’aeroporto di Londra Heatrow, sembra confermare tutto questo. John Holland-Kaye invita a “non attendere la fine dei negoziati della Brexit nel 2019 per stabilire cosa fare per il settore”.
Essere positivi non è facile, per l’ad di Ryanair addirittura impossibile. “I britannici non hanno idea di quello che stanno facendo, non hanno un piano, e non sanno cosa vogliono. Questo ottimismo sul fatto che alla fine ci sarà un successo non lo capisco”. Parole e toni eccessivi? Forse. O forse no. I tedeschi non sono disposti a fare concessioni. Londra dovrà uscire dal mercato unico dell’aviazione, ma per rientrarvi dovrà prendere tutto l’impianto normativo. Su questo Lufthansa mette le cose in chiaro. “Vogliamo evitare che all’interno del mercato interno valgano regole diverse”, scandisce Thomas Kropp, vicepresidente del gruppo. “Non possiamo avere un mercato unico dell’aviazione a due velocità”. Niente accordi privilegiati, dunque. Un problema, perché Londra non ha intenzione di accettare in toto le quattro libertà alla base del funzionamento dell’Ue (libertà di circolazione per persone, merci, servizi e capitali). E’ per questo che il presidente di Aig, l’associazione di compagnie aree di cui fa parte anche British Airways, invoca la stipula di “un accordo complessivo per l’aviazione tra Ue e Regno Unito sulla falsa riga di quelli che l’Ue ha con Stati Uniti e Canada”. Può essere un’ipotesi, ma l’Ue non molla sul principio per cui prima si decide come Londra esce, e poi si decide come tessere nuove relazioni. Come se non bastasse ci sono le questioni legate a Gibilterra, territorio conteso con un aeroporto al centro della discordia. Si rischia di non venirne fuori.
Il caos che si profila per il trasporto aereo non risparmia neppure l’Irlanda del nord. Kevin Toland, presidente della società di gestione dell’aeroporto di Dublino, avverte: “Quello che sarà difficile per l’Irlanda lo sarà ancora di più per l’Irlanda del nord”. Già, perché lo scalo è lo scalo sia dell’Eire che dell’Ulster. Se non ci saranno regole e autorizzazioni per poter viaggiare i cittadini nordirlandesi resteranno a piedi. Non solo. Non è chiaro se e come potranno arrivarci, a Dublino.
Così come non è chiaro come potranno volare gli aerei prodotti da Airbus, il consorzio industriale europeo che produce le ali di tutti i suoi velivoli in Galles. Se si esce dal mercato unico che succede? O si delocalizza prima, nel dubbio, oppure il rischio è quello di dazi. Quindi perdita di competitività per aumento di costi di produzione. La direttrice della divisione International Public Policy, Nathalie Errard, dice di “voler continuare a essere ottimista”, ma la Brexit, a giudicare da quello che sostengono gli addetti del settore, non permette di stare affatto tranquilli.