Roma – Non è una novità che, con l’avvicinarsi di una campagna elettorale, il segretario del Pd Matteo Renzi torni a battere sull’incudine dei rapporti con l’Ue. L’approssimarsi del voto per le politiche della prossima primavera, quindi, è occasione per tornare all’attacco. Il suo “Avanti”, il libro che lo accompagnerà in treno di comizio in comizio, è lo strumento per rilanciare alcuni cavalli di battaglia. Dopo la rinnovata minaccia di interrompere il contributo al bilancio Ue se non ci sarà una politica comune per l’immigrazione, l’assalto al Fiscal compact, con l’intenzione di porre il veto alla sua introduzione nei Trattati.
La proposta di Renzi è di portare il deficit al 2,9% del Pil per 5 anni. Si rispettano i parametri di Maastricht, ma non quelli degli accordi successivi. L’obbiettivo è recuperare una trentina miliardi di euro, con i quali finanziare un taglio delle tasse. Molti vedono quello dell’ex premier come un annuncio da campagna elettorale. In effetti, la necessità di recuperare consensi nei confronti di Lega e M5s c’è, e il terreno dello scontro con l’Ue è ideale per provarci. Tuttavia, sul fiscal compact c’è una battaglia vera.
È il governo a giocarla con Bruxelles e gli altri partner Ue. Lo ha recentemente ricordato il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi. La discussione, però, non entrerà nel vivo se non dopo le elezioni in Germania. Quindi a Palazzo Chigi, anche se non lo ammetteranno mai, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni non deve aver gradito il polverone alzato da Renzi. Soprattutto perché il titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è impegnato a trattare con la Commissione sui margini di flessibilità per la legge di bilancio 2018.
Da qui in poi, però, diventerà sempre più frequente osservare toni accesi del segretario del Pd a cui faranno da contraltare atteggiamenti più sobri e responsabili da parte del premier. Sarà un po’ come vedere la classica accoppiata tra il poliziotto cattivo, Renzi che addita l’Ue per rubare voti a Grillo e Salvini, e quello buono, Gentiloni che contratta condizioni più favorevoli ma continua ad assicurare il rispetto degli impegni in Europa.
Un duplice ruolo che è visibile anche all’interno del governo stesso. I ministri dei Trasporti, Graziano Del Rio, e dell’Agricoltura, il vicesegretario dem Maurizio Martina, appoggiano le posizioni di Renzi. Il mediatore Padoan le derubrica invece a proposte per la prossima legislatura. Il titolare dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, mette dei paletti e lancia delle frecciatine al segretario democratico.
“Sulla questione deficit abbiamo discusso tanto in passato con Renzi”, racconta il ministro al Corriere della Sera. “Aumentare il deficit è un rischio che possiamo correre solo a 3 condizioni”, indica. La prima è “che le risorse liberate vengano concentrate sugli investimenti, la produttività e interventi organici sulle situazioni di reale emergenza sociale”. Poi bisogna “riprendere vigorosamente la strada delle privatizzazioni e dell’abbattimento del debito”. Infine, occorre “continuare con le riforme”.
“Prima di dichiarare quanto deficit vogliamo prenderci, chiariamo cosa vogliamo farci”, suggerisce Calenda, che pure in passato non è stato certo tenero con i Fiscal compact. Quindi lancia la stoccata contro il segretario del Pd: “Se domani o fra un anno prendessimo la strada dei tagli fiscali a pioggia, o delle mance elettorali”, dice, “beh, allora meglio tenersi al sicuro nei parametri europei”.