Bruxelles – Creare una cittadinanza di seconda classe è semplicemente impensabile. Così recita una lettera aperta di Guy Verhofstadt dell’Alde, coordinatore per il negoziato Brexit al parlamento europeo e di altri parlamentari. Il Parlamento Ue non trattiene il proprio sdegno di fronte alla risposta del Regno Unito a quanto proposto tre settimane fa da Michel Barnier, negoziatore Brexit all’Ue. Le differenze tra i due documenti sono palesi, e Verhofstadt, in collaborazione con gli altri tre principali capigruppo dell’assemblea di Strasburgo (Manfred Weber del Ppe, Gianni Pittella dellS&D, Gabi Zimmer del GUE e Ska Keller dei Verdi), nonché Elmar Brok, Roberto Gualtieri e Danuta Hubner, non manca di esprimere la propria incredulità.
“Nel parlamento europeo accettiamo che la Brexit sia una scelta democratica, ma non abbiamo mai creduto che fosse uno sviluppo positivo per l’economia”, recita la stessa lettera, pubblicata questa mattina sul Guardian. “La proposta dell’Uk lo conferma soltanto – non essendo all’altezza delle proprie ambizioni di ‘mettere i cittadini in prima linea’”. Confrontando la proposta di Barnier con quella britannica, non si può fare a meno di notarne le discrepanze. “Barnier vuole che i cittadini britannici ed europei mantengano gli stessi diritti e lo stesso livello di protezione di cui godono attualmente con la legge europea […]. Questo è ciò che vuole la maggioranza della popolazione britannica, quando dice di voler mantenere la propria cittadinanza europea”. La risposta del Regno Unito non si è fatta attendere, suggerendo che i cittadini europei acquisiscano lo stato di ‘cittadini di paesi terzi’, con meno diritti dei cittadini britannici nell’Ue. “Non solo gli europei perderanno il loro diritto di voto nelle elezioni locali, ma i ricongiungimenti familiari saranno soggetti a requisiti di reddito minimo, ed è incerto quale sarà lo stato dei bambini ‘post-Brexit’. Questo rischia di creare una cittadinanza di seconda classe. La proposta è in contraddizione con il manifesto dei pro-Brexit, che aveva promesso di trattare i cittadini Ue ‘in modo non meno favorevole di quanto lo siano attualmente’”.
La più grande preoccupazione sta nello stato di continua incertezza. Secondo quanto affermato nella controproposta del Regno Unito, ogni membro familiare dovrà fare domanda per lo ‘status di residente’. Coloro che non soddisferanno i requisiti dei cinque anni di residenza entro la fine del periodo di grazia, dovranno presentare due domande: una per rimanere nell’Uk e una per richiedere lo status di residenti. Tuttavia, non sono garantite condizioni di pari trattamento per i richiedenti. I cittadini britannici ed europei dovrebbero poter far rispettare i propri diritti secondo una procedura che dia massima importanza alla Corte di giustizia europea. “L’Ue” come ricorda Verhofstadt, “ha la comune missione di ampliare, rafforzare ed espandere i diritti, non di ridurli. Non avalleremo mai il ritiro retroattivo di diritti”.
Come sottolinea Verhofstadt, la proposta britannica lascia parecchie domande senza risposta. Gli studenti europei che faranno domanda per il primo anno accademico post-Brexit nel 2019-2020 dovranno pagare di più? I titoli di studio continueranno ad essere riconosciuti nel Regno Unito? Perché il documento non menziona quei lavoratori di frontiera, che lavorano nell’Uk ma vivono nell’Ue? Entro il 30 marzo 2019, i deputati europei dovranno aver concluso i negoziati Brexit. Verhofstadt si impegna a lavorare con i rappresentati dei 27 paesi membri per garantire un ‘ambizioso’ accordo di recessione.
“Il Parlamento europeo si riserva il diritto di restringere ogni accordo che tratta i cittadini Ue, indipendentemente dalla loro nazionalità, in modo meno favorevole di quanto lo siano attualmente,” conclude Verhofstadt. “Questa è una questione di diritti fondamentali e principi che sono al cuore del progetto europeo”.