Bruxelles – Meno male che Silvio c’era. E meno male che c’era pure Gheddafi. Berlusconi aveva un rapporto privilegiato con il leader libico Muhammar Gheddafi, e non a caso. C’era un filo diretto, continuo, stabile tra Italia e Libia e, di conseguenza, tra Libia ed Europa, che era messa al riparo dai barconi e dal fenomeno dei migranti. Adesso, invece, tutto è caos e i primi a farne le spese sono gli italiani, alle prese con una crisi senza fine dei richiedenti asilo. Eccolo il Tajani-pensiero sui fatti di strettissima attualità. Una frase scandita dal presidente del Parlamento europeo a Strasburgo nel corso della conferenza stampa congiunta con il primo ministro dell’Estonia, Paese con la presidenza di turno del Consiglio Ue. “E’ stato un errore uccidere Gheddafi. Dopo di lui abbiamo avuto i Fratelli musulmani, Daesh, crimini, e oggi non è facile lavorare con la Libia”. Un problema, quest’ultimo, visto che secondo Tajani l’Ue dovrebbe lavorare con l’Africa e la Libia al fine di fermare i flussi migratori in Africa. Un compito non facile con interlocutori, ancor meno agevole senza punti di rifermento.
E’ una storia già vista. Iraq, Egitto, Libia. Cambiano gli Stati, cambiano i nomi, ma non la sostanza, quella di personaggi tanto controversi quanto utili per la stabilità, quella dei Paesi in cui operano i regnano i dittatori e quella degli altri. Berlusconi si era garantito uno “scudo anti-migranti” in virtù delle relazioni privilegiate che aveva intessuto con il colonnello libico. Ora, a distanza di sei anni, “la situazione dopo Gheddafi è molto complicata”. Aveva forse qualche ragione l’Italia di Berlusconi a non voler disturbare l’allora presidente della Libia nei momenti in cui l’intera comunità internazionale lo aveva scaricato. Dura, doverlo riconoscere per un’Europa che non ha mai amato neppure Berlusconi. Eppure, quando c’erano sia lui sia Gheddafi, il problema immigrazione (così come si pone oggi) non c’era. Piaccia o no, un dato di fatto che Tajani ricorda. Chi ha orecchie per intendere intenda.