Roma – “Non si può tornare a bail-out generalizzati” per il salvataggio delle banche. Al contrario, “gli strumenti di intervento a livello europeo vanno potenziati”, secondo Andrea Enria, presidente dell’Autorità bancaria europea (Eba). Durante un’audizione davanti ai senatori della Commissione Finanze, Enria ha difeso quindi il principio del bail-in, ovvero di ricorrere alle risorse di azionisti, obbligazionisti subordinati e correntisti sopra i 100mila euro per il salvataggio degli istituti di credito. Anche perché, a suo avviso, “le vicende della crisi finanziaria hanno dimostrato che un’estesa e incondizionata garanzia pubblica sulle passività bancarie non è né equa né sostenibile”.
Quando si è scelto di evitare il bail-in come nel recente caso del salvataggio di veneto Banca e Popolare di Vicenza, ha spiegato il presidente dell’Eba, “sembra essere emersa la possibilità che l’interesse pubblico (l’elemento che appunto consente l’eccezione, ndr) sia valutato in modo diverso a livello europeo e nazionale”. Si tratta, per Enria, di un fattore che “potenzialmente apre la strada alla possibilità che diverse preferenze emergano a livello nazionale” sul ricorso all’intervento dello Stato. In altre parole, come la Bce, anche l’Eba è convinta che le eccezioni al bail-in concesse per le banche venete rischino di incrinare il meccanismo di salvataggio che pesa sui risparmiatori anziché sui contribuenti.
Il numero uno dell’istituto di vigilanza europeo ha confermato il proprio sostegno all’ipotesi di una bad bank per gestire a livello europeo i crediti deteriorati (Npl) che pesano sui bilanci degli istituti di credito. Su questo terreno “il processo di aggiustamento sta facendo progressi”, ha sottolineato Enria. I passi avanti però non bastano ancora, ha ammonito. Dal 2014 si sta registrando una diminuzione del rapporto tra Npl e impieghi delle banche, “ma il volume dei crediti deteriorati rimane ancora eccessivamente elevato”.
L’ammontare è di “poco al di sotto dei 1.000 miliardi di euro per tutta l’Unione”, stando all’analisi effettuata sul campione di istituti che l’Eba tiene sotto controllo. “In dieci Stati membri, tra i quali l’Italia, il rapporto tra crediti deteriorati e impieghi si situa sopra al 10%”, ha riferito Enria spiegando che ciò ha “un effetto negativo sulla redditività delle banche e sulla loro capacità di erogazione di nuovi crediti”. Rimane dunque “necessario attivare politiche attive che accelerino la pulizia dei bilanci bancari” dagli Npl.