Bruxelles – Sulla Turchia la nuova presidenza del Consiglio Ue comincia il suo lavoro in salita. Gli estoni ereditano quel conflitto istituzionale che i maltesi non sono riusciti a disinnescare. Gli Stati membri sono disposti a chiudere gli occhi su diritti umani e stato di diritto nel Paese guidato ormai con pugno di ferro da Recep Tayyip Erdoğan in cambio della sua cooperazione sulla gestione dei flussi di migranti mentre il Parlamento europeo no. Così, mentre il primo ministro estone annuncia la piena disponibilità a dialogare e collaborare con Ankara, il Parlamento Ue si prepara invece a votare una mozione di sfiducia nei confronti di Erdogan chiedendo di sbattergli in faccia le porte dell’adesione all’Ue (che in molti si chiedono se Erdogan voglia davvero).
“La questione dell’immigrazione sarà sul tavolo il 6 luglio”, giorno della riunione informale dei ministri degli Interni, anticipa Juri Ratas, capo del governo estone. Quello del 6 luglio è il primo appuntamento politico dell’agenda della nuova presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, le cui priorità in fatto di immigrazione sono chiare. “Siamo pronti a cooperare con la Turchia”, ha scandito Ratas. Una necessità, vista la pressione dei richiedenti asilo che continua a gravare sui confini dell’Ue. L’Italia ha minacciato di chiudere i porti alle navi delle ong, e gli altri membri dell’Unione vogliono evitare che si riapra la rotta dei Balcani occidentali, chiusa con l’accordo trovato con la Turchia. Che passa per il processo di adesione.
Perché la cooperazione tra Ue e Turchia vada avanti sul dossier dell’immigrazione, occorre che l’Europa si impegni ad aprire altri capitoli negoziali nel processo da seguire per arrivare all’ingresso nell’Unione europea. E’ questa una delle condizioni previste dall’accordo siglato a marzo 2016. Giovedì prossimo però il Parlamento europeo vota a Strasburgo una risoluzione in cui si chiede di congelare il processo di adesione della Turchia. Gli eurodeputati criticano “l’inversione di rotta” della Turchia su Stato di diritto, diritti umani, libertà dei mezzi di informazione e lotta alla corruzione. Si tratta di una risoluzione non legislativa, quindi di un atto senza valore di legge ma comunque dal forte significato politico. Un voto a favore aprirebbe la crisi istituzionale tra Consiglio e Parlamento e, ancora di più, quella tra Europa e Turchia.