di German Foreign Policy
Miliardi per le armi
La Commissione europea mercoledì scorso ha presentato il piano per un nuovo “Fondo di difesa UE” il quale avrà il compito di concentrare su di sé una parte delle spese per il riarmo degli Stati europei. Da diversi anni Bruxelles si lamenta del fatto che gli Stati europei, invece di unirsi per poter risparmiare i costi di sviluppo, portano avanti progetti militari paralleli che in gran parte prevedono l’acquisto o lo sviluppo di armi identiche. Cosi gli Stati UE dispongono di 37 diversi modelli di trasporto delle truppe, mentre gli Stati Uniti ne possiedono solo 9; 12 aerei cisterna europei si contrappongono ai 4 degli Stati Uniti. Se si vuole aumentare l’efficienza della spesa militare è necessario che la situazione cambi, e alla svelta.
Il Fondo europeo di difesa, così come delineato dalla Commissione, intende promuovere, attraverso delle sovvenzioni, progetti militari multinazionali all’interno dell’UE. Così lo sviluppo di prototipi di armi sarà sovvenzionato per il 20% del suo costo, a condizione che vi prendano parte almeno 3 aziende e 2 Stati membri. Fino al 2020 ci sono 500 milioni di euro disponibili; dal 2021 sarà disponibile un miliardo di euro all’anno. In futuro potranno essere investiti fino a 5 miliardi di euro in progetti di difesa multinazionali e quindi in una tendenziale fusione degli eserciti europei. Inoltre, la Commissione UE vuole promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove armi – fino al 2020 con oltre 90 milioni di euro, dal 2021 con mezzo miliardo di euro all’anno.
Potere militare
Allo stesso tempo la Commissione ha presentato un “documento di riflessione” che si occupa del “futuro della difesa europea”. Il documento dovrebbe dare un contributo ai progetti di militarizzazione dell’UE. Il “documento di riflessione” presenta tre diversi scenari. Il primo scenario descrive più o meno lo stato attuale e include una graduale espansione della cooperazione fra le forze armate all’interno dell’UE nonché una continuazione delle missioni all’estero sul livello attuale. Il secondo scenario prevede una collaborazione molto più stretta fra gli eserciti nazionali e la loro fusione selettiva; l’UE, così è scritto nel documento, “potrebbe accrescere la capacità di proporsi come una potenza militare”.[1] In questo modo potrà raggiungere “l’autonomia strategica” e sarà in grado sia di “agire accanto ai suoi principali alleati” ma anche, se necessario, “sarà in condizione di agire da sola”. Nel terzo scenario, l’UE dal 2025 dovrebbe disporre della capacità di condurre operazioni di combattimento di qualsiasi natura; non ci sarebbe un vero e proprio esercito UE, ma Bruxelles avrebbe il controllo delle truppe che potrebbe schierare in ogni momento.
“Un ruolo cruciale nel mondo”
I concetti alla base del “Fondo di difesa” e del “documento di riflessione” sono una tappa ulteriore nel processo di militarizzazione a cui Francia e Germania hanno dato avvio la scorsa estate con l’adozione ufficiale il 28 giugno 2016 del documento sulla “Strategia globale per una politica di sicurezza all’interno e all’esterno dell’UE”.[2] Più recentemente gli Stati dell’UE a 27 – senza la Gran Bretagna – il 25 di marzo con la “Dichiarazione di Roma” in occasione del sessantesimo anniversario della firma dei trattati europei, si sono impegnati a trasformare l’UE, entro i prossimi 10 anni, “affinché sia in condizione di poter giocare un ruolo cruciale nel mondo”.[3] A tal scopo è necessario che i paesi membri si impegnino apertamente “per rafforzare la sicurezza e la difesa comune”. I passi successivi alla discussione che si terrà durante il vertice del 22-23 giugno sono già in programma. L’Estonia, che assumerà la presidenza dell’UE nel mese di luglio, “non avrà altra scelta che affrontare i problemi fondamentali legati all’impostazione di una politica di sicurezza interna ed esterna all’UE”, è scritto in una recente analisi della Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP).[4] E questo riguarda prima di tutto la necessità di creare un “libro bianco dell’UE per la sicurezza e la difesa”. Poiché l’Estonia da anni a livello nazionale è impegnata nel settore dell’IT, potrebbe essere arrivato il momento di porre particolare attenzione sullo sviluppo della capacità dell’UE di condurre una guerra cibernetica.
Le prossime tappe
Berlino continua a fare pressione e dà il benvenuto alla “proposta della Commissione UE per il futuro della difesa europea”, ha fatto sapere il ministro della difesa Ursula von der Leyen lo scorso mercoledì: dobbiamo “sfruttare lo slancio attuale” per “riempire di contenuti i prossimi appuntamenti nella seconda metà del 2017”.[5] Nel frattempo il governo federale porta avanti l’integrazione delle forze armate di stati esteri all’interno della Bundeswehr. Dopo l’accordo di febbraio, con il quale vengono incluse unità delle forze armate della Romania e della Repubblica Ceca all’interno delle truppe tedesche, le autorità militari competenti della Repubblica Ceca verso la fine di maggio hanno organizzato una visita in Germania per concretizzare i piani di integrazione. Gli osservatori si aspettano che unità appartenenti ad altri Stati nel prossimo futuro vengano subordinate alla Bundeswehr; Carlo Masala, docente di politica internazionale presso l’Università della Bundeswehr di Monaco di Baviera, ritiene particolarmente indicate le truppe dei paesi scandinavi visto che già ora fanno ampio uso di armi di produzione tedesca. L’integrazione delle truppe straniere, che non è necessariamente limitata alla UE – Berlino ha infatti avviato una stretta cooperazione militare con la Norvegia [6] – secondo Masala è “un passo in avanti verso una maggiore indipendenza militare dell’Europa”.[7]
“Interventismo globale”
Berlino di conseguenza è alla ricerca di un modo per trasformare la politica estera e militare dell’UE. Se l’UE “potesse decidere a maggioranza sulle questioni di politica estera, sarebbe finalmente capace di agire anche sui temi difficili e critici”, ha recentemente affermato il presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Wolfgang Ischinger.[8] I veti nazionali dovrebbero cadere anche in caso di una guerra condotta dall’UE, ha invece affermato mercoledì scorso Manfred Weber (CSU), il capogruppo del Partito Popolare Europeo all’Europarlamento: in futuro le truppe europee “dovrebbero poter essere inviate in guerra con il solo voto del Parlamento europeo”.[9] Dobbiamo “costruire un’Europa assertiva e in grado di imporsi”, ha detto Weber a sostegno della sua posizione. A corollario di ciò è “necessario costruire la consapevolezza della nostra identità europea”: oggi “non si tratta più di avere una cultura dominante tedesca, ma di avere una cultura guida europea. Sarà nostro compito difendere questa cultura guida europea, e se possibile, affermarla a livello globale”.
Pubblicato su German Foreign Policy. Traduzione di Voci dalla Germania.
Note
[1] Commissione europea, Reflection Paper on the Future of European Defence, Bruxelles, 7 giugno 2017.
[2] S. dazu Die Europäische Kriegsunion und Strategische Autonomie.
[3] S. dazu “Eine entscheidende Rolle in der Welt”.
[4] Annegret Bendiek: Das neue “Europa der Sicherheit”. SWP-Aktuell 37, maggior 2017.
[5] Europäische Verteidigungsunion: “Den Schwung jetzt nutzen”. www.bmvg.de 07.06.2017.
[6] S. dazu Unter deutschem Kommando.
[7] Elisabeth Braw: “Germany Is Quietly Building a European Army Under Its Command”. foreignpolicy.com 22.05.2017.
[8] “Mit Abrissbirne durchs Bauwerk der westlichen Werte getobt”. www.br.de 29.05.2017.
[9] Robin Alexander, Thomas Vitzthum: “Wir müssen die europäische Leitkultur verteidigen”. www.welt.de 07.06.2017.