Roma – Eurojust batte cassa nei confronti delle istituzioni europee. In audizione davanti alle commissioni Giustizia e Politiche Ue del Senato, il componente italiano dell’organismo di cooperazione giudiziaria dell’Ue, Filippo Spiezia, sottolinea che “mentre altri organismi di law enforcement, Europol e Frontex, stanno conoscendo, anche per effetto delle minacce e delle sfide poste, un incremento” di risorse ad essi destinate, “Eurojust stenta a trovare riconoscimento in termini di adeguato supporto finanziario da parte delle istituzioni europee”, in particolare “del Consiglio e del Parlamento”.
Spiezia lamenta carenze nella definizione del bilancio per il 2018, dove “abbiamo una riduzione del budget, rispetto alla richiesta di 39,6 mln di euro, a 36,8 milioni”. A ciò si aggiunge “una riduzione dei posti previsti in organico e una mancata concessione di posti aggiuntivi che sono stati richiesti”. Il tutto in un contesto nel quale la crescita della minaccia terroristica e di altre attività criminali ha determinato un incremento dell’attività di investigazione. Dunque, secondo il magistrato, “non è pensabile che, a fronte dell’aumento delle indagini e dei procedimenti investigativi, non vi sia un aumento delle attività giudiziarie che ne costituiscono lo sviluppo naturale”.
Il problema delle risorse sottodimensionate riguarda anche l’ufficio italiano di Eurojust, dove “c’è stato un aumento nel 2016 pari quasi al 90% dell’attività rispetto all’anno precedente”. Una mole di lavoro quasi raddoppiata, dunque, e per questo “ho rappresentato al ministro della Giustizia in diverse occasioni che il desk italiano soffre di una importante limitazione in termini di risorse disponibili”, denuncia Spiezia.
L’ex magistrato della Procura nazionale antimafia, su sollecitazione dei senatori, si sofferma anche sulla nascita della Procura europea (Eppo), che ha visto un passo avanti con la decisione di procedere a una cooperazione rafforzata. A suo avviso “sta venendo fuori una struttura che per molti versi duplica e replica Eurojust”. Nota dolente sono “il meccanismo del collegio dei procuratori europei” e quello “delle camere permanenti, dove si assumono decisioni con il sistema del voto”. Si tratta di una modalità “incompatibile con la necessità di meccanismi rapidi ed efficienti che invece la Procura europea avrebbe dovuto assumere”.
Per Spiezia sono quindi condivisibili “le remore” con cui l’Italia ha aderito al gruppo di Paesi che daranno vita all’Eppo. Tuttavia, ammette, “quando parte una cooperazione rafforzata è meglio essere dentro che esserne fuori”. In ogni caso, le riserve rimangono e “la prospettiva non è incoraggiante”, indica, “soprattutto perché manca quella procedura penale europea di cui avevamo intravisto l’essenza nella proposta iniziale della Commissione europea”. La speranza è che l’Italia, proprio partecipando alla cooperazione rafforzata, riesca in qualche modo a correggere queste lacune.