Roma – “L’elevato livello del debito pubblico” rimane l’elemento di “maggiore vulnerabilità” per il nostro Paese, e “impone alla politica economica, ben di più di quanto non derivi dai vincoli fissati con le regole europee sui conti pubblici”, e di perseguire un “percorso di rientro molto rigoroso”. È la Corte dei conti a suggerire una gestione dell’economia nazionale con un rigore necessario più di quanto indichi l’Ue.
La fotografia dell’economia nazionale fatta da Angelo Buscema, presidente di coordinamento delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti, non rappresenta una novità rispetto a quanto certificato da altre istituzioni nazionali e internazionali. “Il recupero della crescita del prodotto interno lordo, dopo una lunga crisi, appare ancora troppo modesto” in Italia, ed è, “soprattutto, in ritardo rispetto alla ripresa in atto negli altri principali Paesi europei”, certifica la relazione sul rendiconto generale dello Stato. E che la ripresa ci sia ma non basti lo sa anche il governo, alle prese con un “bilanciamento della politica economica e della gestione della finanza pubblica” che secondo Buscema “appare particolarmente complesso”.
Difficile infatti pensare a misure espansive quando urge “un’attenta gestione dei conti pubblici che garantisca il raggiungimento, in tempi certi, degli obiettivi programmati di saldo e di debito”. Obbiettivi che vanno perseguiti “scongiurando inversioni di segno negativo delle aspettative dei mercati”.
L’impresa diventa ancor più complessa se si considera che le misure previste dalla ‘spending review’, “sembrano aver salvaguardato” il “sostegno dei comparti produttivi”, ma “non hanno prodotto risultati di contenimento del livello complessivo della spesa”. Serve quindi una “revisione attenta” di questo strumento, per mantenendo fermo il principio che il “processo di selezione della spesa” deve essere condotto senza “incidere negativamente sul potenziale di crescita del Paese”.
Una ulteriore nota dolente arriva sul lato dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche, i cui ritardi erano finiti sotto la lente della Commissione europea quando l’allora commissario all’Industria, l’attuale presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, propose l’apertura di una procedura di infrazione. Per la Corte dei conti, il saldo delle fatture emesse dai fornitori “evidenzia ancora un consistente ritardo”.