Bruxelles – La politica di coesione è uno strumento chiave con cui l’Unione Europea mostra in modo concreto l’impegno di rispondere alle esigenze dei cittadini. Per questo, nonostante la Brexit porterà via dalle casse comunitarie uno dei maggiori contributori di queste politiche, non dovranno esserci tagli alle risorse. A sostenerlo è il ministro per la Coesione territoriale e il mezzogiorno Claudio De Vincenti, oggi a Bruxelles in occasione del settimo Forum europeo sulla coesione. “Per l’Italia le politiche di coesione sono pilastro essenziale di una strategia della Ue che si prende cura dei cittadini europei”, ha affermato il ministro nel suo intervento, ricordando la posizione dell’Italia come “contributore netto” a queste politiche e insistendo affinché “le risorse a disposizione delle politiche di coesione non si riducano dopo il 2020 e nonostante la Brexit”.
Altro punto fondamentale secondo il ministro è quello relativo alle condizionali macroeconomiche: “L’aggancio tra rispetto dei parametri di finanza pubblica e disponibilità dei fondi strutturali per i singoli Paesi va superato – ha affermato De Vincenti – perché avrebbe effetti negativi su investimenti essenziali per la convergenza”. Il Patto di stabilità e crescita, come ricordato dal ministro, d’altronde, “fornisce già i meccanismi sanzionatori per assicurare il rispetto dei parametri macroeconomici”, e utilizzare l’arma dei fondi strutturali in questi termini porterebbe alla riduzione dei fondi proprio in questi paesi che più ne hanno bisogno.
Dello stesso parere in merito è il commissario europeo per gli Affari economici e monetari Pierre Moscovici che ricordando “il bisogno di rafforzare la coerenza tra il semestre europeo, gli strumenti finanziari e la politica di coesione”, ha affermato chela Commissione “non userà mai i fondi strutturali e d’investimento europei in maniera sanzionatoria”.
“È fondamentale che il rispetto delle regole dello Stato di diritto, e in particolare quella del principio di solidarietà tra Paesi nella gestione dei flussi migratori, sia la precondizione necessaria per l’utilizzo di risorse europee da parte di ogni Paese membro”, ha affermato il ministro. E per quanto riguarda sfide comuni come quelle dell’immigrazione, le posizione italiana sul futuro delle politiche di coesione prevede inoltre, che il quadro finanziario pluriennale europeo preveda “risorse ulteriori dedicate alle nuove esigenze comuni: gestione dei flussi migratori, lotta al cambiamento climatico, difesa e sicurezza comuni”. Queste nuove sfide, secondo il ministro, sono “sfide comuni, che riguardano tutta l’Unione e sono quindi necessari spazi di bilancio distinti”.
Sul tema dei fondi da destinare alle regioni più o meno sviluppate emersa durante il dibattito, il Ministro ha specificato che pensando all’Italia “è importante che altre regioni, oltre a quelle che registrano i maggiori ritardi in termini di sviluppo, siano in condizione di usare una parte, anche se minoritaria, dei fondi di coesione”. Riferendosi all’utilizzo dei fondi per lo sviluppo della banda larga ad esempio, ha spiegato il ministro: “Anche in Lombardia che è una regione molto sviluppata, ci sono zone dove il mercato non va da solo a posare la fibra”, e per questo “è importante garantire l’uso dei fondi per colmare anche qui i vuoti e poter realizzare la banda larga dalla Sicilia alla Lombardia”.