Bruxelles – Un richiedente asilo arrivato in un Paese Ue e che presenta la sua domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro può impugnare la richiesta di trasferimento verso il Paese di primo approdo se essa non arriva entro i termini previsti dal regolamento di Dublino, ossia entro tre mesi dalla presentazione della domanda di asilo. Sono queste le conclusioni a cui è arrivato l’avvocato generale della Corte di giustizia europea in una causa intentata da un cittadino eritreo sbarcato in Italia e poi passato in Germania, dove ha chiesto protezione internazionale.
Secondo le autorità tedesche, la domanda di asilo avrebbe dovuto essere presentata in Italia, dove erano state prese le impronte digitali. Il cittadino eritreo, arrivato partendo dalla Libia, ha però impugnato la decisione della giustizia tedesca. A suo avviso, sarebbe la Germania competente ad esaminare la sua domanda, poiché la richiesta di rivolgersi alle autorità italiane era arrivata dopo la scadenza del termine trimestrale fissato nel regolamento di Dublino sul diritto di asilo. Un parere sposato dall’avvocato generale della Corte.
Inoltre, l’avvocato generale respinge l’argomento sostenuto dalle autorità tedesche, secondo cui i termini fissati con Dublino riguarderebbero soltanto rapporti interstatali, i quali non dovrebbero essere oggetto di impugnazione da parte dei singoli. A suo avviso, il sistema di Dublino non costituisce un meccanismo meramente interstatale, in quanto l’applicazione delle norme prescritte dal regolamento comporta ripercussioni sostanziali tanto per i richiedenti quanto per gli Stati membri interessati.
La parola decisiva spetta adesso alla Corte di giustizia dell’Ue che dovrà pronunciarsi nel merito. Se dovesse confermare la posizione dell’avvocato generale – come spesso accade – la sentenza metterebbe alla prova ancora una volta la scarsa solidarietà europea in materia di gestione dei migranti.