Bruxelles – Classe e fantasia, tecnica e talento. I numeri in un numero, il 10, mai come gli altri soprattutto prima, nel calcio di una volta, e pure dopo, nel calcio di adesso dove le maglie non le assegna più il ruolo. Un simbolo, destinato a simboli. Baggio, Maradona, Del Piero, Zico. E naturalmente Totti. Geni prestati al calcio che hanno fatto di uno sport un capolavoro, ognuno a modo proprio, ciascuno col proprio talento, tutti con lo stesso numero sulle spalle. Il 10, ovviamente. Totti come Baggio? “El bimbo de oro” come “el pibe de oro”? Nessun fenomeno è uguale a sé stesso, e non potrebbe essere altrimenti. Se così non fosse, non si sarebbe unici, anche se quelli con il numero 10 unici lo sono sempre un po’ di più, perché contrassegnati dal numero solitamente destinato al migliore della squadra. Per questo il ritiro di questa maglia appare meno scontato, e a Roma ancora meno. Dopo l’addio alla carriera in giallo-rosso sono in molti a ritenere che quella maglia, dopo essere indossata da Totti, non debba essere più di nessuno. Comprensibile.
E’ ormai una tradizione non assegnare più numeri di maglia. E’ il tributo che la società riserva a quei giocatori che tanto grande hanno reso la squadra per cui hanno giocato. Gigi Riva, Franco Baresi, Javier Zanetti: tutti hanno in comune una maglia ritirata. Capitani coraggiosi e vittoriosi, trascinatori, uomini-simbolo. Figure uniche destinate a celebrazioni degne del loro calibro. Numeri 11, 6, 4. Ma il numero 10 sfugge a regole e tradizioni, perché chi lo indossa da sempre tende a riscrivere le prime e rompere con le seconde. Maradona o Baggio non hanno eredi, e mai ne avranno. Lo sanno praticamente tutti, ed è in virtù di questo che Napoli e Brescia hanno deciso di ritirare le loro maglie per sempre. Neppure Totti ha eredi. Appare difficile crederlo, anche se a Roma sono in molti a sperare di averne ancora, di atleti come Francesco la leggenda. Ma la 10 di Totti non verrà ritirata. Verrà congelata, nell’attesa di individuare qualcuno che per valori non solo sportivi sia in grado di vestirla. Roma non avrò un numero 10 per due anni o tre, e poi si vedrà. Una decisione che ha diviso un ambiente. Totti è Totti, l’VIII re di Roma, Roma stessa. Eppure, la leggenda fatta persona ha deciso che quel 10 dovrà essere a disposizione. Non di chiunque, certo, ma comunque a disposizione.
Ci sono dinamiche che solo chi è romano e romanista può capire. L’amore per la maglia è una di queste tradizioni del popolo giallo-rosso. Chi vive e soffre per la maglia, chi suda e lotta con la maglia, è degno di portarla. Chi ne dimostra attaccamento, è degno di indossarla. Giuseppe Giannini fu uno di questi privilegiati. Lo striscione “10 – Unico mio capitano…” è lì nella memoria collettiva a ricordarlo, e il saluto che la Curva Sud riservò al “principe” è la testimonianza di questi usi e costumi giallorossi. Poi fu la volta di Totti. Come lui nessuno mai per storia e gesta, ma per valori e romanità verrà ancora qualcuno, dopo il capitano tra i capitani. E’ racchiuso qui il significato della scelta su quel numero che tanti vorrebbero consegnato in eterno all’Eterno. Ma lui, la divinità del calcio, ha deciso diversamente, lasciando che altri nomi vengano scritti su quel numero. Proprio come fece prima di lui Aldair. Il suo numero 6 ritirato dalla Roma al termine di una carriera ultra-decennale, è stato riattribuito su volere dello stesso (ex) difensore brasiliano, che ha esaudito le richieste di Kevin Strootman, considerato degno di tale onore (e onere). Varrà lo stesso per il 10 di Totti. Così hanno deciso Roma e il suo signore. E’ il loro volere, e quindi è giusto così.