Bruxelles – Le commissioni Affari economici e Affari legali del Parlamento europeo hanno dato il primo via libera alla normativa che impone alle grandi aziende di dichiarare dove e quante tasse pagano. La misura, approvata con 38 voti favorevoli, 9 contrari e 36 astenuti, ha provocato però la spaccatura tra il blocco popolari-liberali, e il gruppo Socialisti e Democratici (S&D) sul tema dell’avvio dei negoziati con il Consiglio europeo. Non è stata infatti raggiunta la maggioranza qualificata necessaria per evitare il passaggio in Aula, dove ora ci si attende un duro scontro politico fra gli schieramenti.
Nello specifico, il testo impone alle grandi imprese, con un fatturato uguale o superiore ai 750 milioni di euro, di divulgare pubblicamente le tasse pagate e i luoghi in cui vengono saldate, siano essi Stati membri o extra Ue. L’obiettivo dichiarato è quello di aumentare la trasparenza fiscale fornendo al pubblico un quadro generale delle imposte pagate dalle multinazionali, contrastando in questo modo l’evasione fiscale delle imprese, che in Europa, secondo la Commissione europea, ha un costo stimato in perdite fiscali di circa 50-70 miliardi di euro all’anno.
A scatenare la spaccatura è stata una clausola introdotta da Ppe e Alde che, a detta del gruppo S&D, introdurrebbe per le società la possibilità di chiedere alle autorità nazionali l’esenzione dall’obbligo di pubblicare i dati, se ritenuti sensibili dal punto di vista commerciale. I socialisti, accusano i colleghi di aver inserito “una scappatoia” tale da aver reso inefficace il provvedimento. “Denuncio la grave attitudine di popolari e liberali”, afferma il capogruppo socialista all’Europarlamento Gianni Pittella, “che vogliono insabbiare questo importante progresso”. Se non modificata “come noi ci proponiamo di fare in Aula”, aggiunge Pittella, “la clausola di salvaguardia permetterà alle multinazionali di non pubblicare dati ritenuti sensibili per un periodo illimitato. Questo è uno scandalo”.