Bruxelles – L’Italia preoccupa il Fondo monetario internazionale. L’economia stenta a ripartire, è ancora intossicata da crediti deteriorati, e lascia indietro i giovani. Ci sono criticità per il presente, e ancora di più potranno essercene per il futuro. Lo staff del Fmi conclude la Missione 2017 in Italia, e il quadro che ne viene fuori è tutt’altro che rassicurante. Il Paese vanta una crescita “moderata”, per lo più sostenuta dalle politiche e dagli sforzi di riforma del governo, da agevolazioni monetarie eccezionali e dai bassi prezzi delle materie prime. Qualche merito nazionale, insomma, poi tutto merito di Bce e inflazione bassa. Ecco perché secondo i tecnici del Fondo, “per ottenere un ulteriore progresso nella riduzione delle vulnerabilità e nell’aumento dei redditi reali occorrerà intensificare gli sforzi dal punto di vista delle politiche”. Anche perché, in prospettiva, le cose si fanno ancor più difficili: impoverimento generale e generazioni perdute. “Un decennio dopo la crisi finanziaria globale – sottolineano il rapporto Fmi – i redditi effettivi disponibili per abitante rimangono al di sotto dei livelli di adesione pre-euro, mentre l’onere della crisi è ricaduto in modo sproporzionato sulle generazioni più giovani”.
Rischi per il futuro
Il Fondo monetario internazionale riconosce che qualche passo avanti è stato fatto. Tuttavia, “i rischi di ribasso sono significativi”, e sono legati a vari fattori quali fragilità finanziarie, incertezze politiche, eventuali battute d’arresto al processo di riforma ed a revisioni della valutazione dei rischi di credito nell’ambito della normalizzazione della politica monetaria. L’incertezza sulle politiche statunitensi e sui negoziati Brexit aggravano tali rischi.
Riforme da fare, e in fretta
L’impressione è che l’Italia non stia cogliendo le opportunità di riforma che si presentano, e dovrebbe andare avanti con slancio e decisione nel processo di ammodernamento del Paese. “La sfida principale è quella di aumentare la produttività, che richiederà sforzi più ambiziosi dal punto di vista delle politiche e un vasto e prolungato sostegno politico”. Il momento di questi sforzi è ora. Il contesto attuale di ripresa congiunturale e di condizioni monetarie eccezionalmente accomodanti “offre una finestra favorevole, sebbene in restringimento, per avanzare con urgenza con le riforme”. Non c’è dubbio che per il Fmi “riforme strutturali ambiziose e ampie contribuiranno a favorire una crescita più forte”. Interventi decisi, secondo il rapporto della missione, si rendono necessari per quando riguarda la liberalizzazione dei mercati dei prodotti e dei servizi, la riforma del mercato del lavoro, modernizzazione della pubblica amministrazione, risoluzione dei crediti deteriorati.
Introdurre salari minimi regionali
E’ forse alla voce ‘mercato del lavoro’ il passaggio più interessante dello staff del Fondo monetario internazionale. Si suggerisce all’Italia “l’introduzione di un salario minimo possibilmente differenziato a livello regionale”. Non solo: a detta del Fmi “occorre pertanto considerare il rafforzamento del sistema di contrattazione collettiva per meglio allineare i salari alla produttività a livello aziendale”.
Reintrodurre l’Imu
La richiesta è stata avanzata già dalla Commissione europea, con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha fatto capire che l’ipotesi non è allo studio del governo. Ma adesso anche il Fondo monetario internazionale chiede di spostare le tasse dalla produzione alle proprietà. “Le aliquote fiscali sui fattori produttivi potrebbero essere gradualmente abbassate, l’imposizione fiscale spostata verso immobili e consumi e la base imponibile allargata”.