Bruxelles – Quali relazioni commerciali attendono Unione europea e Regno Unito dopo che Londra avrà completato l’uscita dall’Ue? La risposta non c’è, e i tentativi di cercarne una non sono dei più semplici. Tante le incognite, pesa il quadro politico britannico, ma l’Ue – ferma nella convinzione di essere pronta a negoziare già da subito – inizia a ragionare sul futuro che verrà o potrà venire, e affronta il lato meno politico e più tecnico della partita. Ma anche qui i punti interrogativi non mancano, come dimostrato da Piet Eeckhout, docente della University College of London. Invitato dal Parlamento europeo a discutere di unione doganale in chiave post-Brexit, l’accademico ha offerto ai membri della commissione Mercato interno vari spunti, nessuno privo di criticità.
Riconoscimento reciproco, il nodo Corte di giustizia
Un possibile punto di partenza, ha spiegato Eeckhout, potrebbe essere rappresentato dall’armonizzazione di regolamenti tecnici, prevedendo un sistema di mutuo riconoscimento nell’accordo tra l’Unione europea e il Regno Unito. C’è però un problema, in questo caso: l’acquis comunitario, l’insieme dei diritti, delle norme, degli obblighi e delle politiche che accomunano e vincolano gli Stati membri dell’Unione Europea, “non può sopravvivere” senza un arbitro indipendente, vale a dire la Corte di giustizia europea, a cui i britannici però vogliono sottrarsi. Una situazione di questo tipo sembra andare contro i voleri del governo britannico, intenzionato a eliminare l’influenza della Corte di Lussemburgo, che invece giocherebbe qui un ruolo centrale.
Accordo di associazione, la questione dell’acquis
Si potrebbero ipotizzare relazioni commerciali Ue-Regno Unito regolate da accordi di associazione. Sono in molti a evocare questo scenario, su cui però Piet Eeckhout mette le mani avanti. Se si prende ad esempio l’accordo tra Ue e Ucraina, un paragone tra questo e un eventuale accordo Ue-Uk appare “inappropriato”. Come spiega l’accademico, “mentre l’Ucraina si è spostata verso l’acquis dell’Ue, il Regno Unito lo stesso acquis intende lasciarselo alle spalle”. Insomma, l’accordo di associazione ha la propria ragion d’essere nel processo di avvicinamento tra l’Ue e un Paese terzo, e non nella separazione di uno Stato già membro. Da una parte, se il Regno Unito attualmente è pienamente conforme all’insieme di norme del mercato interno, d’altra parte uno degli obiettivi principali di Brexit è abbandonare questa serie di regole per riottenere sovranità e riprendere il controllo che avrebbe portato a lasciare indietro il medesimo acquis comunitario.
Niente accordi per settori
Uno scenario è ipotizzare diversi accordi commerciali al posto di un unico accordo complessivo. Si tratterebbe di relazioni bilaterali settoriali, col rischio di avere regole diverse a seconda del comparto. Un’opzione però da scartare per il docente della University College of London, il quale ricorda che non si può procedere ad accordi doganali settoriali, perché una simile pratica sarebbe contraria alla clausola della Nazione più favorita e alle regole dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto).
Wto opzione migliore, Trump permettendo
A proposito di Organizzazione mondiale per il commercio, sono in molti a ritenere che data la situazione e gli interrogativi del caso una soluzione commerciale da trovare in regime di Wto. Anche Piet Eeckhout è dell’idea che questo “è probabilmente lo scenario migliore”, perché ha un sistema di risoluzione delle controversie ben funzionante, che affronta alcuni casi attraverso i panels o l’organismo di conciliazione. Tuttavia questo robusto sistema potrebbe conoscere cambiamenti a causa della presidenza di Donald Trump, un elemento che il docente ha voluto non escludere. Anche su quello che sembra essere l’opzione migliore aleggiano dubbi sull’effettiva fattibilità.
Due anni non bastano
A prescindere da quelli che potranno essere gli accordi futuri tra Ue e Regno Unito, per trovare una quadra occorrerà più tempo di quello che si ha ufficialmente a disposizione. I trattati prevedono due anni di tempo per completare l’uscita di uno Stato membro dall’Ue. Londra ha notificato l’intenzione di abbandonare l’Ue il 29 marzo, data che ha fatto scattare il conto alla rovescia. A detta di Piet Eeckhout “la scadenza di due anni non sarebbe sufficiente in termini di tempo per negoziare un buon accordo tra l’Ue e il Regno Unito” in materia doganale.