Roma – Le amministrative non valgono come le elezioni politiche, ma il risultato del Movimento 5 stelle, che non ha raggiunto il ballottaggio in nessuno dei grandi centri tra gli oltre mille comuni dove si andava alle urne, è un segnale che preoccupa i pentastellati anche in vista del rinnovo della legislatura. È stato un voto caratterizzato dalla bassa affluenza (60,1%), che ha fatto il paio con una campagna elettorale offuscata, almeno sui media nazionali, dal dibattito sulla legge elettorale poi naufragata. Ma non è detto che basterà puntare a recuperare l’astensionismo per mantenere vive le speranze dell’M5S di conquistare al governo nazionale.
Oltre alla difficoltà di Beppe Grillo e dei suoi, i dati più importanti che emergono sono due: da un lato la tenuta del Partito democratico, dall’altro un centrodestra che se è unito non è per nulla spacciato.
Il primo dei due elementi indica che, dopo i regolamenti di conti della scissione e della battaglia congressuale, sul territorio i dem hanno svolto il loro lavoro e, pur non ottenendo veri e propri trionfi, sono riusciti a mandare al secondo turno gran parte dei loro canditati. Si tratta di un elemento che conferma le convinzioni del segretario, Matteo Renzi, sull’utilità di andare allo scioglimento anticipato della legislatura. Ipotesi che, dopo il fallimento dell’accordo a 4 sulla nuova legge elettorale, rimane comunque molto remota.
Il secondo segnale importante consegnato dagli elettori che si sono recati ieri ai seggi racconta un centrodestra in grado di dire la propria laddove corre unito, come in Veneto e a Genova, ma anche che la leadership dell’alleanza è definitivamente passata alla Lega. È stato premiato l’asse tra il segretario del Carroccio, Matteo Salvini, e il governatore della Liguria e consigliere politico di Forza Italia, Giovanni Toti. Il risultato è che per il leader azzurro Silvio Berlusconi si complica il lavoro per riunire una coalizione di centrodestra senza spostarsi troppo sulle posizioni sovraniste e antieuropeiste della Lega.
Un ulteriore elemento di riflessione, insieme con il calo dell’affluenza che indica una certa disaffezione, è che i partiti non ne escono benissimo, e anzi in molte realtà hanno preferito addirittura non presentarsi ufficialmente con i loro simboli, puntando invece al sostegno di liste civiche che garantivano loro la parvenza di una immagine rinnovata, come il caso clamoroso di Palermo, dove il sindaco uscente Leoluca Orlando ha avuto la conferma al primo turno senza avere tra le liste che lo hanno appoggiato il simbolo del Pd che pure lo ha sostenuto.
A livello nazionale, questa tornata elettorale non fa che allontanare la prospettiva di una fine anticipata della legislatura, anche perché a parte la Lega e il Pd, tutte le altre forze vorranno tempo per riorganizzarsi. Resta da vedere come il risultato delle urne di ieri inciderà nel dibattito per la scrittura della nuova legge elettorale, ma per capirlo bisognerà attendere l’analisi che le varie forze politiche faranno del voto nei prossimi giorni.