Bruxelles – Oggi è il giorno del verdetto. Dalle 7 di questa mattina e fino alle 22 (23 ora italiana) i sudditi di Elisabetta II sono chiamati a recarsi alle urne per scegliere chi li governerà da qui al 2022. La premier britannica, Theresa May, ha portato ad aprile il paese alle elezioni generali convinta di poter infliggere una dura sconfitta al suo rivale, il laburista Jeremy Corbyn, forte dei sondaggi che allora la davano in vantaggio di 20 punti percentuali. Ma quel vantaggio non esiste più e gli ultimi numeri danno conservatori e laburisti vicini, tra l’uno e il dieci per cento di distacco.
Una campagna elettorale intensa, che nelle ultime settimane ha portato i candidati a premere l’acceleratore per convincere gli indecisi. I tre attentati – Westminster a marzo, l’attentato al concerto a Manchester e la strage dello scorso sabato a Londra – hanno determinato l’agenda politica degli ultimi giorni, spostando l’attenzione dalla Brexit alla sicurezza nazionale. Il negoziato con l’Unione europea era stato al centro del dibattito politico e aveva mostrato le divergenze tra Corbyn, disposto a raggiungere un accordo vantaggioso con l’Unione europea a tutti i costi, e May che con il suo “meglio un non accordo che un accordo fatto male” pronunciato più volte durante questa campagna dove la premier ha sempre fatto capire di voler optare per una hard Brexit.
Alle 23 ora italiana i principali media e Bbc diffonderanno i primi exit poll che avranno già la suddivisione per seggi. Nel Regno Unito non conta la percentuale di voti totali che un partito raggiunge a livello nazionale, ma importa quanti seggi riesce a vincere nelle circoscrizioni elettorali. Due anni fa, ad esempio, l’Ukip (il partito di Nigel Farange che chiedeva l’uscita dall’Ue) prese il 13% dei voti riuscendo ad eleggere solo 3 deputati. La grande incognita è rappresentata dai partiti minori, ovvero dal numero di seggi che riusciranno a ottenere i Liberal democratici, dati in calo nei sondaggi, il partito Nazionalista Scozzese, che quest’anno potrebbe fermarsi a 50 seggi (contro i 56 del 2015), e i Verdi. Insieme, questi tre partiti, potrebbero decidere di coalizzarsi con il Labour se, come indicato da alcuni sondaggi, i Conservatori otterranno la maggioranza dei seggi ma non quella assoluta, necessaria per formare un nuovo governo.