Bruxelles – Un fondo unico per la difesa come primo passo verso un’integrazione finora mancata. E’ il fulcro delle proposte della Commissione europea presentate oggi. Ci sono diversi documenti, tutti finalizzati a rilanciare il dibattito politico su un tema che necessita dell’accordo unanime degli Stati membri, ma ci sono anche proposte concrete operative, pronte da attuare già da ora. Riguarda l’uso dei fondi comunitari, le risorse che gli Stati mettono in comune per sviluppare politiche comuni. Il team Juncker fa sul serio, e suggerisce di convogliare risorse in un fondo specifico per la difesa. E’ la prima volta che si tenta un’operazione di questo tipo, che il collegio dei commissari accompagna con un documento di riflessione sul futuro dell’Europa della difesa. La Commissione, che in questo campo non può nulla poiché è materia di competenza degli Stati membri, offre loro tre scenari: restare così come si è, con una cooperazione minima e su base volontaria; intessere a una maggiore cooperazione, più strutturata e maggiormente coordinata su poche aree prioritarie (minacce ibride e informatiche, principalmente), oppure creare un’unione della sicurezza e della difesa vera e propria, pienamente solidale, pronta a intervenire e ad agire nei teatri internazionali.
La Commissione europea vuole fare sul serio, e mantiene le promesse. Il fondo europeo per la difesa era stato annunciato dal presidente dell’esecutivo comunitario, Jean-Claude Juncker, a settembre 2016. I leader dell’Ue avevano accolto la proposta favorevolmente, e allora ecco la proposta. Un proposta tanto ambiziosa quanto complessa: per rendere operativo il tutto occorre iniziare a ragionare in ottica post-2020, quando si renderà necessario definire un nuovo bilancio settennale dell’Ue. Per attrarre i consensi delle capitali si conferma che le spese sostenute dagli Stati in quest’area non verranno calcolate ai fini del debito, purché “una tantum”. Attualmente il budget pluriennale dell’Unione è limitato rispetto al ciclo di bilancio precedente (2007-2013), per via delle resistenze britanniche, che hanno impedito di mettere più finanze nelle casse comuni europee. L’addio di Londra che si consumerà con la Brexit potrebbe rilanciare questo e altro. Ci sono nodi politici, ma intanto la Commissione europea vara la proposta di un fondo comune.
Perché un fondo comune?
L’Ue spende male. Sviluppa tanti progetti nazionali uguali, ma nel contempo spesso neppure compatibili. Lo speciale fondo intende sostenere lo sviluppo dell’industria del settore: qui verranno messi fondi comuni con cui finanziare progetti sviluppati di consorzi di imprese. Dovranno essere formati da almeno tre imprese di almeno due Stati. Il fondo avrà una dotazione una dotazione di oltre 5 miliardi di euro. L’esecutivo comunitario stima che la mancanza di cooperazione tra Stati membri nel campo della sicurezza e della difesa costi tra i 25 e i 100 miliardi di euro l’anno. Tutti soldi che potrebbero essere recuperati e investiti in altri progetti, se ci fosse un sistema davvero europeo. I bandi di gara e gli appalti per la ricerca nel settore sono nazionali per l’80%-90%. Se ci fosse un bando europeo si potrebbe risparmiare ogni anno il 30% di quanto si spende attualmente per la difesa.
Dotazioni
Nelle intenzioni della Commissione lo speciale fondo servirà a finanziare progetti in due aree: ricerca, e sviluppo e acquisizione. Per la ricerca si metteranno 90 milioni fino al 2019, poi si propone di mettere sul piatto 500 milioni di euro l’anno, a partire dal 2020. Per la parte relativa allo sviluppo dei progetti, si intende garantire 500 milioni per il biennio 2019-2020, per poi iniziare a garantire un miliardo di euro l’anno a partire dal 2021. Secondo le stime della Commissione questo tipi di investimenti potranno generare un effetto leva in grado di quintuplicare le risorse grazie a investimenti di privati. Complessivamente si stima che dopo il 2020 il Fondo potrà generare investimenti nel settore della difesa comune per 5,5 miliardi di euro.
Chi decide che progetti finanziare
Sicurezza e difesa sono competenze esclusive degli Stati membri. Vuol dire che la Commissione Ue non può varare proposte legislative. In questo caso si tratta di definire le voci di spesa del bilancio comune. I progetti li finanzierà l’Ue, sulla base delle scelte dei governi. Le risorse comuni saranno orientate su aree prioritarie individuate dagli Stati membri. La Commissione è pronta a finanziare programmi di ricerca nei campi di elettronica, robotica, sistemi operativi criptati, metamateriali, e di investire nello sviluppo di droni, satelliti e tecnologie satellitari, o anche favorire l’acquisto all’ingrosso di mezzi quali elicotteri per ridurre i costi. La Commissione tiene a sottolineare che non si chiedono risorse fresche agli Stati membri, ma solo di presentare progetti collaborativi da co-finanziare. L’esecutivo comunitario si impegna a fornire anche assistenza tecnica per la realizzazione dei progetti.
Come si finanziano i progetti di consorzi
La Commissione non ha intenzione di prevedere strumenti particolari quali Eurobond per la difesa. Intende però sviluppare strumenti “flessibili” di finanziamento, con la Banca europea per gli investimenti (Bei), che potrebbe giocare un ruolo in questo.
Non si finanzia un esercito europeo
La proposte della Commissione europea di per sé non intende creare un esercito dell’Ue. Non è tuttavia un mistero che Juncker ne vorrebbe uno, superando una volta per tutte i limiti della storia dell’integrazione mancata della difesa. Se gli Stati membri però volessero sposare il terzo scenario offerto dal reflection paper redatto dalla Commissione europea, non si potrà ragionare in tal senso. Spetterà agli Stati membri decidere, all’unanimità, l’eventuale costruzione dell’esercito europeo, al pari di ogni altra iniziativa in questo campo.
Spese fuori dal patto di stabilità
Non si chiedono agli Stati membri risorse fresche da mettere sul piatto. Tuttavia è previsto che se i governi volessero investire nel fondo per la difesa, queste somme verranno tenute al di fuori del Patto di stabilità e crescita: “national capital contributions will be treated as ‘one-off’ under the SGP” . Vuol dire che non si conteggeranno nella valutazione di deficit e debito, purché gli investimenti pubblici restino di misure occasionali (“una tantum”) e non diventino strutturali.
Brevetti industriali del consorzio
La Commissione europea co-finanzia progetti industriali collaborativi, ma non diventa proprietaria intellettuale dell’opera. Il brevetto resterà delle aziende che hanno sviluppato il progetto. Ciò che a Bruxelles preme, è che il brevetto resti europeo e in Europa.