Bruxelles – Molti eurodeputati usano i fondi europei destinati a sostenere le spese per gli uffici nelle proprie circoscrizioni nazionali in modo illecito, “affittando” spazi appartenenti alle loro residenze, ai loro partiti politici o in alcuni casi per pagare uffici che in realtà non esistono affatto. E’ quanto rivelato da un gruppo di giornalisti investigativi di diversi Paesi europei nell’ambito del ‘The MEPs Project’. Secondo gli autori dell’inchiesta, gli uffici di 249 europarlamentari non esistono o comunque non è possibile rintracciarli, e al momento soltanto 133 degli attuali 748 membri del Parlamento europeo hanno detto chiaramente quanto pagano effettivamente in affitti di uffici.
Il popolare Weber paga un ufficio che si trova a casa sua – Una serie di inchieste svolte attraverso i 28 Stati membri ha svelato che ci sono almeno 42 casi di eurodeputati che pagano l’affitto ai loro partiti politici nazionali, o persino ai loro stessi conti bancari personali. Tra questi anche il capogruppo dei popolari, Manfred Weber, che avrebbe preso in affitto un ufficio che è situato però nella sua residenza nel suo villaggio di origine in Baviera, in Germania.
I rimborsi dei deputati – I deputati europei oltre allo stipendio di base che ammonta a 6.611 euro netti ricevono diversi rimborsi. Innanzitutto una diaria per ogni giorno che firmano il registro delle presenze a Bruxelles o Strasburgo, pari a 306 euro al giorno. Hanno diritto fino a 4.264 euro l’anno per viaggi al di fuori dello Stato membro di elezione e al rimborso di tutti i costi di viaggio all’interno del proprio Paese di origine. Per sostenere il lavoro dei loro uffici hanno a disposizione un budget mensile di 24.164 euro per pagare i propri assistenti a Bruxelles e Strasburgo e nel collegio di elezione. E sempre per sostenere le attività in quest’ultimo hanno 4.342 euro al mese esentasse (la ‘General Expenditure Allowance’, Gea) che sono destinati a coprire spese per l’affitto di un ufficio, la sua gestione, le spese di telefono e postali, i costi per l’acquisto, il funzionamento e la manutenzione di computer e l’organizzazione di conferenze. Queste ultime spese non devono necessariamente essere rendicontate e solo alcuni deputati, di propria spontanea volontà, forniscono tutte le fatture. Così come solo alcuni restituiscono i fondi non spesi o addirittura, come previsto dalle regole, chiedono di riceverne meno se prevedono che non li utilizzeranno.
Uffici in affitto nelle sedi dei propri partiti – In generale diversi eurodeputati sembrano subaffittare gli uffici presso i rami locali dei loro partiti: 38 parlamentari hanno confermato di aver pagato l’affitto al loro partito, che sia locale o nazionale. Altri trasferiscono l’intera somma della Gea al loro partito di appartenenza.
Uffici fantasma – L’inchiesta dell’MEPs Project rivela che in alcuni Stati membri, dal Belgio alla Bulgaria, passando per Italia, Germania, Olanda e Spagna, alcuni eurodeputati non dispongono di nessun ufficio in assoluto. Molti parlamentari hanno rifiutato di dire dove si trovi il loro ufficio in patria. La maglia nera va alla Polonia, dove ben 51 deputati europei non sono stati in grado di rispondere alle domande dei giornalisti. Secondo il Parlamento europeo, gli eurodeputati possono affittare un ufficio personale da loro stessi o dai loro partiti, a patto di rispettare alcune condizioni informali. In ogni caso, non possono usare l’indennità – finalizzata “a coprire le spese direttamente legate all’esercizio del loro mandato” – per finanziare i loro partiti nazionali o a scopo personale. Pochissimi parlamentari rimborsano il Parlamento per i fondi inutilizzati: dal 2010 soltanto 20 deputati hanno restituito il denaro dell’istituzione europea, per un totale che varia tra i 100mila e i 600mila euro a seconda dell’anno.
Nessun controllo da parte del Parlamento – Il totale dei fondi del Parlamento da destinare agli uffici dei parlamentari ammonta a 40 milioni di euro ogni anno. Poiché Strasburgo non verifica questo tipo di pagamenti, non c’è nessuna documentazione disponibile per controllare come sono spesi tali fondi. Secondo l’inchiesta il Parlamento europeo non monitora né l’esistenza di uffici nazionali degli eurodeputati, né il rispetto delle condizioni per utilizzare i fondi. “Considerando il fatto che la spesa del budget dell’Ue è sottoposta a stretti controlli e verifiche, è notevole il fatto che gli eurodeputati non rispettino gli stessi standards per i propri finanziamenti”, ha criticato Wouter Wolffs, ricercatore in politiche europee all’Università di Leuven in Belgio. Nel 2015, dopo il diniego da parte del Parlamento europeo a consegnare i documenti utili per le loro ricerche, i giornalisti dell’inchiesta hanno portato il caso alla Corte europea, dove è ancora in attesa di una sentenza.
“Serve più trasparenza” – “Questo è ciò che accade quando i deputati europei possono spendere 40 milioni di euro dei soldi dei contribuenti ogni anno senza dover produrre una sola ricevuta”, ha dichiarato Nick Aiossa, responsabile politico di Transparency International Eu. “Dovrebbe essere evidente che la mancanza di trasparenza e di controllo intorno a tali indennità le rendono vulnerabili agli abusi. Le rivelazioni di oggi sono abbondanti prove di questo. Questa indennità – continua Aiossa – ha delle regole e non è destinata a servire come stipendio aggiuntivo, un modo per arricchire personalmente se stessi, né sovvenzionare i partiti politici nazionali. È giunto il momento che il Parlamento adotti misure per instillare un alto livello di fiducia nell’istituzione”.
Tajani promette una riforma delle regole – Il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ha assicurato che verranno presi i provvedimenti necessari per assicurare che casi del genere non avvengano più. “Ho chiesto agli organismi competenti di riformare le regole sulla General expenditure allowance”, spiega in una nota in cui afferma che lo scorso 15 maggio “su mia richiesta il Segretario generale del parlamento europeo ha presentato la bozza riforma che punta ad aggiornare la lista delle spese rimborsabili e a rafforzare le disposizioni attuali”, inoltre “per facilitare i controlli” la riforma introdurrebbe “la possibilità di sottoporre le spese a dei controlli, e di certificare e pubblicare i conti”, inoltre si prevede vi versare la Gea su un conto bancario apposito (adesso viene versata sul conto del parlamentare insieme allo stipendio), per facilitare il controllo del suo utilizzo.