Bruxelles – Le richieste del governo di Viktor Orban alle università straniere come quella finanziata da George Soros sono “condizioni capestro”, che hanno solo lo scopo di impedirgli di poter continuare a lavorare. Per questo la Commissione europea deve “interloquire in maniera più dura” col Paese e continuare a incalzarlo portandolo anche davanti alla Corte di Giustizia dell’Ue. Silvia Costa, coordinatrice S&D in commissione Cultura, commissione di cui è stata presidente nella prima metà della legislatura, è preoccupata ma non stupita per la decisione di Orban di rigettare le richieste dell’esecutivo comunitario che gli intimava di modificare la legge anti-Soros.
“Orban ci ha abituato alla sua sordità rispetto ai richiami della Commissione europea a cui da tempo chiediamo di interloquire in maniera più dura su molti dossier”, afferma parlando con Eunews. Per Costa la richiesta ad esempio che gli Atenei stranieri abbiano anche una sede nel paese di origine (cosa che la Ceu non ha) è solo “una condizioni capestro che ha lo scopo di rendere difficile per questi istituti la possibilità di continuare a lavorare”. Non si tratta infatti di “irregolarità” dell’università come denunciato da Budapest ma semplicemente “di aver previsto dopo 25 anni una norma diversa fatta apposta per mettere fuori gioco” istituti come quello finanziato da Soros. Per l’esponente del Partito democratico il ricorso alla Corte Ue “è indispensabile”, in quanto si tratta di una legge “liberticida che riduce la libertà accademica prevista dai trattati”.
Il Parlamento europeo a maggio ha votato una risoluzione molto dura nei confronti dell’Ungheria, che chiedeva anche l’attivazione dell’articolo 7 dei Trattati, quello che prevede la possibilità di sospendere i diritti di adesione all’Unione europea, come il diritto di voto in Consiglio, in caso di violazione grave dei principi comunitari. “Quello della legge anti Soros è solo uno dei tanti dossier aperti contro l’Ungheria”, ricorda Costa che punta anche il dito contro la legge sul finanziamento delle Ong estere, ritenuta “incompatibile con la libertà di associazione”, contro le norme contro l’immigrazione “che prevede la detenzione per i richiedenti asilo che entrano nel Paese e che crea dei corridoi per spingerli indietro verso Austria e Serbia”, contro il fatto che l’Ungheria non ha mai accettato di aderire al programma di ricollocamento dei rifugiati nonché contro il referendum Stop Brussels. “Altro che fake news, il governo Orban diffonde vere e proprie bugie additando la Commissione europea come causa di una serie di problemi che ci sono nel paese costringendo Bruxelles a dover fare controinformazione per ristabilire la verità. Non è tollerabile”, ha concluso Costa.