Dopo la conferma del neopresidente francese Emmanuel Macron sul rispetto degli accordi sul clima, a far tremare la stabilità degli Accordi di Parigi è il Presidente-Tycoon degli Stati Uniti, che ammicca di nuovo all’industria del carbone. Eppure “una possibile uscita di scena degli Stati Uniti non farebbe vacillare l’Accordo – spiega Silvia Francescon, a capo della sede romana dell’European Council on Foreign Relations – perché l’architettura di Parigi è pensata per andare oltre i cicli politici. Inoltre, è in atto un processo inarrestabile di cambiamento: il mercato sta già andando in questa direzione. Ad esempio, gli impiegati americani nell’energia solare sono il doppio rispetto a quelli dell’industria del carbone e sono quasi tanti quanto gli impiegati dell’industria del gas naturale. Non ha senso, quindi, per l’economia americana un rifiuto del patto. Lo stesso segretario di stato americano Tillerson, famoso imprenditore della Exxon, insieme ad altre aziende americane ha invitato Donald Trump a non fare passi troppo rischiosi fuori dall’Accordo”.
Intervistata a Trevi a margine di un panel dedicato a “Geopolitica dell’energia: dalle risorse agli scenari”, parte del programma dell’evento “Energia tra fatti, comunicazione, comunità”, Francescon ha espresso un punto di vista senza subbio lungimirante, supportato dalla sua lunga esperienza nelle trattative dei negoziati ambientali. “Il pericolo di un possibile no americano è che andrebbe ad indebolire il sistema del multilateralismo commerciale: l’Accordo di Parigi è sorretto da un concetto di libero mercato, di trasferimento di tecnologie”, che vede nel gigante Usa un valido membro. D’altro canto, non si può ignorare come un dietrofront americano sulle rinnovabili apra a scenari favorevoli per l’Ue: “L’Europa per un momento è stata a guardare, rallentata soprattutto dall’apparato burocratico. Oggi, invece, lo scenario è cambiato e ci pone davanti a maggiori responsabilità. Trump è l’opportunità per l’Europa di tornare ad essere protagonista nel mondo. Dopo tanto tempo, abbiamo una leadership forte. Quindi sono io stessa curiosa di vedere che dinamiche entreranno in gioco”.
Anna M. Colacori, Sepastiana Gjoni