Bruxelles – L’impressione generale è positiva, ma è tutto da vedere. Gli incontri di Donald Trump con i leader europei dissipano solo in parte i dubbi nutriti nella capitali europee e nella capitale dell’Ue. Il presidente degli Stati Uniti ha avuto modo di incontrare buona parte dei capi di Stato e di governo del Paesi del vecchio continente, e da parte di tutte le persone con cui Trump si è scambiato strette di mano e colloqui il giudizio è praticamente lo stesso: il presidente Usa ha dato l’impressione di maggior apertura, o quantomeno di minor chiusura, rispetto a quanto fatto in campagna elettorale. Dal premier belga al presidente francese, dal presidente del Consiglio europeo a quello della Commissione Ue, tutti giurano che gli incontri con il presidente statunitense si sono svolti in un clima “amichevole”, “costruttivo”, “franco”, “pragmatico”, “positivo”. Cambiano le parole, non il senso generale di cordialità di un incontro che è servito a rompere il ghiaccio tra i partner transatlantici. Oltre la cordialità però bisognerà vedere cosa succederà alla prova dei fatti. Il messaggio di continuità con l’amministrazione Obama che l’Ue attendeva, è stato solo parziale. Le divergenze restano, e non sono da poco.
Clima, commercio, politica estera, Russia. Qui la partnership dovrà essere rinsaldata. Non sarà facile, perché le divergenze restano. Trump ha di fatto messo da parte l’agenda sostenibile del suo predecessore: la ‘green economy’ di obamiana memoria è stata accantonata, e questo rischia di porre non pochi problemi per le agende politiche, e non solo europee. A Bruxelles non hanno nascosto che al G7 al via domani a Taormina la posizione degli Stati Uniti sul cambiamento climatico sarà motivo di grande attenzione. Se si pensa solo allo schema di emissioni per il settore dell’aviazione civile, l’Ue ha fatto tanto per costringere il resto del mondo a sedersi attorno al tavolo. Se gli Usa rompono le righe, l’Ue si ritroverà da sola con un sistema di sostenibilità sì all’avanguardia, ma a quel punto non competitivo. Anche il Ttip, l’accordo di libero scambio che Ue e Stati Uniti stanno (stavano, per essere precisi) negoziando, rischia di restare a un punto morto. Trump ha abbandonato il tavolo negoziale, ma la buona notizia è che gli Ue portano a casa l’impegno di tornare a discutere di commercio. Le due delegazioni formeranno un tavolo di lavoro per cercare di ridurre le distanze. “Lo abbiamo deciso perché nelle prossime settimane si inizi a far riavvicinare le posizioni, perché c’è c’è stata troppa divergenza”, ha ammesso Juncker. Si tratta di ricostruire un rapporto deteriorato. Servirà tempo, e non è detto che possa essere galantuomo. Ma c’è la consapevolezza che Trump ha capito cosa c’è in gioco, e lo dimostra il fatto che con i leader dell’Ue ha voluto affrontare il capitolo Brexit, preoccupato per le ricadute occupazionali negli Stati Uniti di un referendum, quello britannico, che tanto il presidente Usa durante la campagna elettorale, e anche dopo, nell’incontro con la premier Theresa May aveva elogiato come “stupendo”. Dunque il quadro è cambiato, in senso buono sembrerebbe.
Resta da capire come Ue e Stati Uniti lavoreranno sull’agenda di politica estera. Punti in comune ci sono, come la Corea del Nord. Trump si è complimentato per come l’Unione europea ha trattato e tuttora tratta il regime di Pyongyang. Piace la linea dura delle sanzioni. Si è d’accordo anche sulla necessità di cooperazione maggiormente contro il terrorismo. Ma sui dossier chiave le divergenze il feeling non c’è. Sulla difesa Trump continua a insistere perché i partner europei facciano di più. Gli Stati Uniti non vogliono più pagare da soli. Le parole non sono state proprio queste, ma il messaggio ripetuto da Trump è questo qui. E sulla Russia, ha ammesso un contrariato Donald Tusk, “non sono sicuro al 100% di poter dire che abbiamo una posizione comune né una stessa opinione”. Il presidente del Consiglio europeo conferma i timori europei su Trump e le divisioni esistenti tra il blocco comunitario e la potenza americana. Anche la Francia mette a nudo il momento di particolare che vive l’alleanza trans-atlantica. Con Trump, ha detto il presidente francese Emmanuel Macron, “non c’è la stessa visione proprio su tutto, ma c’è la volontà di lavorare assieme”. Un inizio.
Ora che il ghiaccio è rotto, c’è da lavorare. Serve quel “pragmatismo” che tutti dicono di volere, in Europa come in America, necessario per produrre risultati concreti. Il clima cordiale e franco c’è, adesso quello che serve è tutto il resto.