Bruxelles – Nord Stream 2 si deve fare. La società responsabile per la realizzazione del gasdotto, la Nord Stream 2 Ag, è convinta che l’Europa non abbia alternativa al potenziamento del corridoio del gas che lega l’Ue alla Russia attraverso il mar baltico entrando dalla Germania. Conviene, risponde alle esigenze di sicurezza degli approvvigionamenti e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, potenzia e sviluppa il mercato unico dell’energia. Le resistenze non mancano attorno ad un progetto considerato da molti, in Europa, come controverso. Ma Nord Stream 2 Ag è decisa ad andare avanti. Con il sostegno dei governi. Sono loro che possono incidere sull’agenda dei lavori europei. È la Commissione europea che propone ma è il Consiglio che poi decide sulla base di quelle stesse proposte, e in Consiglio ci sono almeno quattro Paesi (Germania, Danimarca, Finlandia e Svezia) pronti a spingere perché il nuovo gasdotto si faccia, e a questi Paesi si aggiungono quelli le cui imprese energetiche sono direttamente coinvolte. Uniper e Wintershall (Germania), Shell (multinazionale anglo-olandese), Omv (Austria), Engie (Francia) sono gli investitori finanziari impegnati a coprire il 50% delle spese del progetto, stimate in 9,5 miliardi di euro. Saranno loro a fare la differenza, secondo il rappresentante di Nord Stream 2 Ag per le questioni europee, Sebastian Sass. “Abbiamo fiducia che i governi dei Paesi del nord coinvolti faranno tutto quello che serve perché si faccia” il gasdotto.
Nord Stream 2 Ag è sussidiaria di Gazprom, che la controlla al 100% del suo pacchetto azionario. È praticamente il braccio operativo del fornitore russo in Europa. È facile capire perché insista sulla necessità di procedere alla realizzazione della pipeline. La tabella di marcia c’è e si intende rispettarla: ottenere i permessi di costruzione entro la fine di quest’anno, costruire nel 2018, e diventare operativi già per la fine del 2019, se possibile (il piano indica inizio 2020, a dire il vero). La Commissione europea prende tempo. A Bruxelles si insiste sulla questione giuridica di Nord Stream 2: il gasdotto dovrà operare nel pieno rispetto delle regole comunitarie. Ma non è un mistero che il collegio dei commissari se da una parte non vieta la realizzazione dell’infrastruttura, dall’altra parte non la considera priva di rischi. Nord Stream 2 va ben al di là delle questioni normative, e questo il commissario per l’Unione energetica, Maros Sefcovic, ha avuto modo di sottolinearlo più volte nel corso di questi anni.
“Noi vogliamo negoziare su come questo progetto possa meglio inserirsi dentro la prospettiva dell’Unione energetica”, ma “non sono sicuro che il progetto rientri nei parametri europei”, ha detto proprio ieri a Bruxelles Sefcovic, parlando a un evento organizzato da Politico dal titolo “Europe’s Changing Energy Markets: Transition to New Realities”. Per il vicepresidente “quello di cui abbiamo bisogno è un approccio comune europeo e perciò vogliamo avere il mandato dagli Stati membri per negoziare con la Russia su come possiamo risolvere questa situazione e su come preservare il transito in Ucraina che è commercialmente importante”.
C’è l’aspetto geopolitico che incide nel dibattito e nelle decisioni che dovranno essere prese. Si teme una eccessiva dipendenza dalla Russia e dal suo fornitore, Gazprom. Uno scenario che rende inquieti molti. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, è dell’idea che Nord Stream 2 non serva. È il punto di vista di un polacco, un vicino prossimo del gigante russo. Non è il solo a nutrire dubbi: il blocco dei Paesi dell’est e le repubbliche baltiche sono contrari al progetto, così come l’Ucraina, che smetterà sempre più di essere una zona di transito del gas russo, con conseguenti perdite economiche. I Paesi del nord sono invece a favore, in quanto considerazione geopolitiche a parte Mosca è considerata un partner economico affidabile e soprattutto il progetto farà risparmiare molto a quesgli stati che riceveranno il gas direttamente.
“Dire che Nord Stream 2 è contro l’Unione europea non ha senso”, per Alex Barnes, consigliere per le relazioni con i governi di Nord Stream 2 Ag. “Rispetta tutti i tre pilastri dell’Unione per l’energia”, vale a dire sicurezza delle forniture, mercato unico dell’energia pienamente integrato, economia green con meno emissioni inquinanti, sia per la natura delle fonte energetica più pulita del carbone, sia per le più nuove tecnologie con cui verrà realizzato. L’aspetto legale? Si risolve essendo in linea con la legislazione nazionale dei quattro Paesi Ue coinvolti lungo cui correrà la conduttura (Germania, Danimarca, Finlandia e Svezia). I governi si conformano al diritto comunitario, e rispettare i diritti nazionali vuol dire avere automaticamente le carte in regola con l’Europa. Questa la strategia dell’impresa impegnata nel raddoppio di Nord Stream. Gli aspetti geopolitici? Non esistono, a sentire Sass. “Nord Stream 2 non bypassa la rotta ucraina, semmai crea una rotta aggiuntiva” a queste e alle altre presenti nel mercato del gas. La Commissione ragiona alla possibilità di quadri regolatori diversi da quelli finora adottati. “Per noi non è necessario”, ammettono i responsabili della realizzazione dell’infrastruttura. “Ma deciderà la Commissione, insieme al Consiglio”. Soprattutto, quest’ultimo, dove i sostenitori del gas russo sanno di avere alleati certi.