Bruxelles – Un’Unione europea più inclusiva, aperta alla diversità culturale, dentro e fuori i propri confini, e pronta a seguire l’esempio dei territori nel preservare la varietà culturale europea. Questa è l’Europa disegnata durante la Conferenza sulle “Strategie europee per le relazioni culturali internazionali” organizzata dal Comitato europeo delle Regioni (Ecr), dove diversi esponenti dei territori e delle istituzioni comunitarie hanno discusso delle linee guida per una strategia europea, presentate in occasione dell’anno europeo al patrimonio culturale (2018), che tenga conto delle relazioni culturali per affrontare le sfide dei prossimi decenni.
Regioni, territori e autonomie locali europee della rete “Iniziativa regionale per la cultura e la creatività (Ricc)”, guidate dagli enti di Emilia Romagna, Paesi Baschi e Friuli Venezia Giulia, intendono contribuire alla strategia dell’Unione europea per le relazioni culturali internazionali, ribadendo l’importanza dei territori nel preservare e promuovere nel mondo la diversità culturale del Vecchio continente. “Il riconoscimento del ruolo della cultura nella politica comunitaria estera e di sicurezza è un fatto nuovo e non scontato”, ha dichiarato la vice presidente della Regione Toscana, Monica Barni, ricordando che “spesso”, come europei, abbiamo “inconsapevolmente rimarcato il valore distintivo della cultura, evidenziato i tratti peculiari delle nostre comunità, illuminando le differenze”. Questo, continua la vicepresidente, non ha fermato la consapevolezza delle amministrazioni locali che “tanto è necessario fare nei luoghi complicati dentro e fuori l’Ue, grazie anche alla cooperazione internazionale”.
Relazioni culturali non solo fuori dai confini comunitari, ma soprattutto dentro gli Stati membri, in particolar modo in quei Paesi coinvolti dal fenomeno migratorio, che sempre più spesso vivono situazioni critiche per i forti contrasti tra comunità locali e migranti. È in quest’ottica, infatti, che si inseriscono molti dei progetti ed esperimenti portati avanti dagli enti locali europei, che vedono le istituzioni territoriali coinvolte in prima linea. Tra questi, ad esempio, ci sono dei programmi che coinvolgono i migranti nella produzione di arte e cultura, per far fronte a un bisogno “nuovo” delle comunità locali, come ribadito da Monica Barni, “maturato dalla consapevolezza che la comunità si costruisce cooperando e che pertanto non è l’incontro tra civiltà ad attrarre la nostra attenzione, ma la nuova civiltà che con queste sperimentazioni si forma”. Anziché proiettarsi sulla “gestione delle differenze”, è necessario che “la cultura guardi avanti e si apra alle novità, per risolvere le fratture”, ha concluso l’italiana.
“Dobbiamo ascoltare di più Regioni, comuni e autorità locali”, ha dichiarato il coordinatore della politica culturale dell’Azione esterna europea (Eeas), Diego Marani, intervenuto alla Conferenza per ribadire l’impegno dell’Unione europea nell’attuare una strategia per le relazioni culturali. Marani si dice “soddisfatto” che l’Eeas abbia lanciato nel giro di pochi anni una strategia in questo ambito capace di “promuovere la cooperazione culturale attraverso un approccio più orientato all’ascolto”, anche dei territori. Lo stesso concetto è ribadito da Andrew Murraw, direttore dell’Istituto europeo per la cultura (Eunic), che individua nel “coinvolgimento degli stakeholder per convincerli a lavorare insieme su una strategia comune”, la chiave per un più forte impegno delle istituzioni europee in questo settore.