Bruxelles – L’indagine della Commissione europea sul commercio elettronico, volta a identificare le pratiche commerciali suscettibili di limitare la concorrenza, ha già sortito i suoi primi effetti. Alcune aziende hanno infatti già deciso di rivedere di loro iniziativa le proprie pratiche commerciali, aiutando i consumatori ad acquistare più facilmente prodotti in altri paesi per beneficiare di prezzi inferiori e di una più ampia scelta di rivenditori. Fra queste ci sono le aziende d’abbigliamento Mango (appartenente a Punto Fa), Oysho e Pull & Bear (entrambi appartenenti a Inditex) nonché Dorothy Perkins e Topman (entrambi appartenenti ad Arcadia), ma anche il produttore di macchine per caffè De Longhi e il fabbricante di attrezzature fotografiche Manfrotto.
Uno degli obiettivi principali della strategia per il mercato unico digitale della Commissione consiste nel migliorare l’accesso dei consumatori e delle imprese ai beni e ai servizi. L’indagine settoriale sul commercio elettronico completa le proposte legislative della Commissione al riguardo. L’obiettivo dell’indagine settoriale era consentire all’esecutivo comunitario di individuare eventuali problemi di concorrenza sui mercati elettronici europei.
La relazione pubblicata mercoledì presenta le conclusioni definitive della Commissione, in cui si tiene conto delle osservazioni pervenute sulla relazione preliminare del settembre 2016, e conferma in larga misura le conclusioni di questa.
Quanto emerge dall’indagine settoriale consentirà alla Commissione di applicare in modo mirato la normativa antitrust dell’UE sui mercati elettronici europei, come l’apertura di ulteriori indagini antitrust.
Risultati principali
Beni di consumo
La relazione conferma che la crescita del commercio elettronico nell’ultimo decennio e, in particolare, la trasparenza dei prezzi in linea nonché la concorrenza di prezzo hanno inciso significativamente sulle strategie di distribuzione delle imprese e sul comportamento dei consumatori. I risultati finali dell’indagine settoriale evidenziano le seguenti tendenze del mercato.
- Negli ultimi dieci anni un’importante proporzione di fabbricanti ha deciso di vendere i propri prodotti direttamente ai consumatori attraverso i propri negozi al dettaglio in linea, entrando così sempre più in concorrenza con i propri distributori.
- Un maggiore uso dei sistemi di distribuzione selettiva, in cui i prodotti possono essere venduti solamente a rivenditori autorizzati selezionati in precedenza, consente ai produttori di controllare meglio le loro reti di distribuzione, in particolare in termini di qualità della distribuzione ma anche di prezzo.
- Un maggiore uso delle restrizioni contrattuali per controllare meglio la distribuzione del prodotto. A seconda del modello e della strategia aziendali, tali restrizioni possono assumere varie forme, come restrizioni di prezzo, il divieto di vendere su piattaforme, restrizioni all’uso di strumenti di confronto dei prezzi e l’esclusione degli operatori presenti esclusivamente su reti di distribuzione in linea.
Alcune di queste pratiche possono essere giustificate, per esempio per migliorare la qualità della distribuzione del prodotto. Altre possono invece indebitamente impedire ai consumatori di beneficiare di una maggiore scelta di prodotti e di prezzi inferiori nel commercio elettronico e la Commissione prenderà quindi provvedimenti per garantire il rispetto della normativa dell’Ue sulla concorrenza.
Contenuti digitali
I risultati dell’indagine settoriale confermano che la disponibilità di licenze da parte dei detentori di diritti d’autore sui contenuti è essenziale per i fornitori di contenuti digitali e che rappresenta un fattore determinante per la concorrenza sul mercato.
La relazione indica alcune pratiche di concessione di licenze che possono rendere più difficile l’introduzione di nuovi modelli e servizi commerciali in linea. Qualsiasi valutazione di specifiche pratiche di concessione di licenze basata sulle norme in materia di concorrenza dell’UE deve tuttavia tener conto delle caratteristiche del settore dei contenuti.
Uno dei risultati principali dell’indagine settoriale è che quasi il 60% dei fornitori di contenuto digitale che hanno partecipato all’indagine ha convenuto contrattualmente con i titolari dei diritti di applicare il geoblocco.
I fornitori di contenuti possono avvalersi il geoclocking per motivi obiettivamente giustificati, quali le questioni legate all’IVA o alcune disposizioni giuridiche di interesse pubblico. La Commissione ha già proposto di legiferare per garantire che i consumatori che intendono acquistare prodotti e servizi in un altro paese dell’UE, sia in linea o per vie tradizionali, non siano discriminati in termini di accesso alle condizioni di prezzo, di vendita o di pagamento La Commissione ha inoltre presentato proposte volte a modernizzare la normativa dell’UE sul diritto d’autore, in particolare per aumentare l’accesso ai contenuti audiovisivi in linea transfrontalieri, tenendo nel contempo conto del ruolo importante che lo sfruttamento territoriale svolge nel modello di finanziamento del settore audiovisivo europeo. Entrambe le proposte sono in corso di negoziazione con il Parlamento europeo e il Consiglio.
Qualsiasi provvedimento in materia di rispetto della concorrenza connesso al geoblocking dovrebbe essere basato su una specifica valutazione del caso che comprenda anche un’analisi delle possibili giustificazioni delle restrizioni individuate.