Bruxelles – Uber è una società di trasporto, per questo può essere obbligata dagli Stati membri a possedere le licenze richieste dalle legislazioni nazionali per i taxi. E’ questa la conclusione a cui è giunto l’Avvocato generale della Corte di giustizia dell’Ue nella causa intentata alla piattaforma online da un’associazione di taxi spagnola. Questo parere, se accettato dalla sentenza finale, di fatto boccerebbe la posizione della società americana, che si è sempre definita “un servizio della società dell’informazione”, nato per facilitare il contatto tra chi offre un servizio e il cliente, e impedirebbe a UberPop, che consente a privati cittadini di lavorare come tassisti, di continuare a funzionare. Continuerebbero a essere operativi però Uber X, Uber Limo e gli altri servizi resi attraverso conducenti regolarmente autorizzati.
“La società Uber, pur innovativa, è una società di trasporto. A Uber può essere quindi chiesto di ottenere le necessarie licenze e autorizzazioni, ai sensi della legislazione nazionale”, ha spiegato la Corte europea di Giustizia in un comunicato. Secondo l’Avvocato generale Maciej Szpunar Uber non può beneficiare del principio di libera circolazione dei servizi garantito dall’Ue per i cosiddetti servizi della società dell’informazione. La conclusione dell’avvocato generale non è vincolante per la Corte, ma questa nella maggior parte dei casi ne rispetta le opinioni.
Immediato è stato il commento di Uber. “Abbiamo ricevuto il parere e attendiamo ora la decisione finale, nel corso dell’anno. Essere considerati una società di trasporto non cambierebbe il modo in cui molti Paesi europei già oggi regolano le nostre attività”, ha detto l’azienda americana, aggiungendo: “Ci auguriamo che questo non rallenti i necessari processi di aggiornamento di leggi datate che impediscono a milioni di europei di accedere a corse affidabili con un semplice clic”. Se la Corte dell’Ue dovesse confermare il parere di Szpunar, i Paesi membri potrebbero imporre licenze agli autisti di Uber, rendendo illegale il servizio Uberpop (nel quale privati cittadini possono improvvisarsi taxisti).
Ma c’è di più: la sentenza della Corte potrebbe avere un importante impatto sugli altri servizi della cosiddetta ‘sharing economy’, dall’affitto di stanze (AirBnb) al take-away (Deliveroo e Foodora). Aziende che si basano sull’idea di mettere in contatto clienti e fornitori di servizi attraverso piattaforme online, ma senza essere considerati di fatto operatori del settore in questione. Se Uber potrà essere considerata un’azienda di trasporto, nulla impedisce che la Corte in futuro definisca AirBnb come una società del settore alberghiero, e via dicendo. Per questo la sentenza della Corte, attesa entro la fine dell’anno, potrebbe essere dolorosa per le start-up che agiscono online.