Theresa May sta andando contro la storia, contro le scelte politiche che hanno fatto grande la Gran Bretagna. Farà del male al suo Paese, e farà del male anche all’Unione europea, ma molto meno. Nella storia del Mondo chi resta indietro è chi si chiude, chi pensa di poter affrontare le sfide in maniera sostanzialmente autarchica. O addirittura di poterle evitare. La storia lo dimostra, non è una cosa difficile da vedere. Uscire da un consesso internazionale, commerciale e politico come nel caso della Brexit, riduce gli strumenti di intervento da un lato, e le possibilità espansive dall’altro. Nella terra dei luddisti è come dare ragione a loro, a quanti credevano che il progresso industriale avrebbe messo in discussione la crescita e l’occupazione, senza capire che, nonostante alcune ovvie difficoltà iniziali, è solo andando avanti che si creano le condizioni per una migliore condizione di vita per tutti. O come dare ragione agli ex regnanti Stuart, che per decenni tentarono di tornare al trono su un programma di autoritarismo politico e chiusura economico-commerciale.
Se la Gran Bretagna non fosse stato il traino, il motore della rivoluzione industriale in Europa probabilmente anch’essa sarebbe rimasta come la Russia di quei decenni, o come gli altri Stati europei, gli altri imperi, che rifiutarono di confrontarsi con quel che stava diventando il nuovo motore dell’Europa e preferirono chiudersi nelle loro economie agraria arretrate. E che inevitabilmente arretravano ogni anno di più. Gli imperi come quello austro-ungarico o quello russo non ci sono più, quelle classi dirigenti furono spazzate via, ma la Gran Bretagna invece è ancora lì, una delle più grandi potenze economiche del Mondo. Per ora.
May vuol far tornare sui sui passi un Paese che per secoli (a parte le vergognose esperienze coloniali, condivise con molti altri) in Europa è stato un passo avanti perché “aperto”, al suo interno (dove la premier con le elezioni intende chiudere in qualche modo le opposizioni in un recinto) e verso l’estero. Ora il governo conservatore, che sembra avviarsi ad una marcia trionfale nelle prossime elezioni di giugno, pensa di aver avuto la giusta intuizione: scartare le idee di quanti, politici, imprenditori, accademici, tentano di spiegare che abbandonare il più grande mercato del Mondo è un errore strategico tragico ed invece affermare che fare un passo indietro, abbandonare le posizioni conquistate possa far rinforzare l’economia e il peso politico internazionale. “L’Unione europea è fatta di Paesi piccoli e di Paesi che ancora non hanno capito di esserlo”. E’ una frase di Emma Bonino, che descrive perfettamente alcune situazioni, e ancor meglio quella britannica.