Roma – “Indicazioni che mi vengono da Frontex, in parte mediate da appartenenti al comando dell’operazione EunavFor Med, mi davano contezza di questi rapporti” tra le organizzazioni non governative e i trafficanti di esseri umani che operano dalla Libia. Il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, conferma quanto finora si era solo intuito, e cioè che il suo allarme su possibili collegamenti tra le Ong e i trafficanti nascono da informazioni fornite dall’Agenzia europea per la Guardia costiera e di frontiera e dall’operazione Sophia con cui l’Ue contrasta il traffico di migranti nel Mediterraneo.
Zuccaro, intervenendo in audizione in Parlamento, torna a puntare il dito contro l’attività delle Ong nel Mediterraneo, a suo avviso responsabili di un mutamento nelle strategie dei criminali che lucrano sui migranti. “L’impunità per i trafficanti, date le nuove modalità del traffico, è pressoché pari al 100%”, sostiene, e per rimediare sarebbe necessaria “la presenza di unità di pronto intervento, di polizia giudiziaria e della nostra marina ai confini delle acque libiche. Se questo avviene e da parte di tutte le Ong, non solo di alcune, si rispettano le regole di non invasione delle acque libiche”, costringendo “i trafficanti a uscire allo scoperto” in acque internazionali, per il magistrato si potrebbero “realizzare obiettivi importanti” e assicurare i trafficanti alla giustizia.
Il magistrato appare molto preoccupato di gettare acqua sul fuoco delle polemiche divampate nelle scorse settimane, parla di “eventuali mele marce” tra le organizzazioni umanitarie, e sottolinea “eventuali”. Soppesa le parole e precisa che le informazioni certe, sebbene inutilizzabili a fini processuali, riguardano solo “contatti radio” tra scafisti e Ong, e “sconfinamenti” in acque territoriali libiche, ma descrivono “tutt’altro che una situazione di collusione”. Al contrario, “la possibilità che vi fosse un finanziamento” dei trafficanti ad alcune organizzazioni, “o che vi fosse un accordo preventivo” è “soltanto una mera ipotesi di lavoro”, per verificare la quale Zuccaro torna a chiedere più strumenti al Parlamento.
Secondo il Pm, il nodo vero è lo sconfinamento delle acque territoriali libiche da parte dei soccorritori, cosa avvenuta lo scorso anno solo 16 volte e tutte autorizzate, stando all’audizione del contrammiraglio Nicola Carlone, capo del terzo reparto Piani e operazioni del Comando generale della Guardia costiera. “Ho chiesto di incrociare i dati della Guardia costiera italiana, come le posizioni delle navi e gli eventi di salvataggio, e la risposta è rassicurante: non risultano, in occasioni di eventi di salvataggio, violazioni dei confini territoriali”, ammette il capo della procura catanese. Tuttavia non si rassegna: “Non posso però onestamente dire che da questo derivi la mia assoluta certezza che, in tutti i casi in cui ci siano stati dei salvataggi, questi salvataggi siano avvenuti nel rispetto delle regole”.
“È ovvio che in caso di necessità lo si deve varcare sempre” il confine delle acque territoriali libiche, concede Zuccaro, ma se lo sconfinamento non avviene in condizioni di pericolo imminente, allora manca il presupposto per il soccorso e si configura il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. “Non si può fare attività di agevolazione della migrazione se non si è in condizione di necessità”, ribadisce il magistrato, “perché il controllo dei flussi migratori appartiene al legislatore, non può appartenere alle Ong”.