Bruxelles – Negoziazioni in due fasi, diritti dei cittadini, pagamento della propria quota per tutti gli impegni finanziari sottoscritti. La Commissione europea presenta le direttive negoziali per la Brexit, dando seguito alle decisioni prese dai leader nel corso del vertice del 29 aprile. Il negoziatore capo dell’Ue, Michel Barnier, illustra il testo di 10 pagine, contenenti i quattro capitoli e i 46 paragrafi che costituiscono le direttive da seguire. Di veramente nuovo c’è poco nel documento messo a punto dall’esecutivo comunitario, e la cosa che più di ogni altra colpisce è vedere la stampa britannica fare domande in inglese e Michel Barnier, negoziatore capo dell’Ue per la Brexit, rispondere in francese (comunque tutte e due lingue di lavoro ufficiali dell’Ue, e con tanto di traduttori simultanei). Un po’ il riassunto del clima con cui si vive il momento non facile e l’immagine dell’Europa che, nel bene e nel male, non parla la stessa lingua. Vero è che ancora non c’è un accordo sulla lingua da usare per i negoziati. Alla voce ‘problemi pratici’ si ammette che “regime linguistico e struttura negoziale dovranno essere concordati tra le parti”. Ciò non dovrebbe impedire un accordo, che resta l’obiettivo finale di Barnier. “Non appena il regno Unito sarà pronto, inizieremo a negoziare in modo costruttivo. Le direttive di oggi ci mettiamo sulla buona strada per un recesso ordinato”.
I punti salienti
– Approccio in due fasi. Resta fermo il principio per cui prima di discutere di nuove relazioni bilaterali tra Ue e regno Unito bisogna avere progressi sufficienti nei punti prioritari per i Ventisette, vale a dire diritti dei cittadini, rispetto degli obblighi finanziari, e gestione delle frontiere tra repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord. “Spero si possa entrare il prima possibile nella seconda fase dei negoziati”, l’auspicio di Barnier, che indica in “ottobre-novembre” il periodo in cui vorrebbe discutere le future relazioni. Anche perché il calendario è indicato in modo chiaro. Per Bruxelles alla mezzanotte del 30 marzo 2019 il Regno Unito sarà fuori dall’Ue, e si precisa che in virtù del diverso fuso orario Londra sarà fuori alle 23 del 29 marzo 2019, ora di Greenwich.
– Diritti dei cittadini. Quello che è stato deve continuare a essere, quello che sarà si vedrà. In altre parole, nuovi accordi non possono essere retroattivi. La Commissione chiede che chi già risiede nell’Ue e in Regno Unito per almeno cinque anni deve continuare a vedersi riconosciuti i diritti del Paese in cui si vive, estendibile ai parenti. Analogamente tutti i titoli di studio e professionali riconosciuti e conseguiti prima della data di Brexit, dovranno essere accettati, anche se conseguiti in un Paese terzo e riconosciuti negli atri Paesi ue diversi dal Regno Unito.
– Questioni finanziarie. Bisogna che il Regno Unito onori gli impegni finanziari. “Non si tratta di un conto per la Brexit né di una tassa di uscita, si tratta di tenere fede a quanto già pattuito”, precisa Barnier sottolineando che le pretese dell’Ue “non sono una vendetta né una punizione” per la Brexit. Semplicemente, Unione europea e Regno Unito “si sono impegnati reciprocamente a finanziare programmi e progetti” la cui durata andrà oltre la Brexit. Però i conti “devono essere definiti in euro” e non in Sterline. Bruxelles non si accolla i costi e i rischi del cambio valutario, e li scarica sulla controparte. Ancora, il Regno Unito “dovrà coprire l’intero costo relativo al trasferimento delle agenzie europee” con sede a Londra (Ema ed Eba), per cui c’è già una gara in corso tra le varie capitali per accoglierle. Non sarà facile regolare la questione dei conti. “Se non risolve, la questione potrebbe esplodere”, ammette Barnier, insistendo che per parte inglese si tratta di un atto dovuto in nome di impegni già presi, ma l’obiettivo resta comunque quello di “trovare un accordo, a nome dei Ventisette”.
– Irlanda. Bisogna evitare che si creino confini frontiere “chiuse”, con controlli rigidi tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda. In tal senso si suggerisce che “gli accordi bilaterali esistenti tra Regno Unito e Irlanda quali l’accordo per l’area comune di viaggio, siano riconosciuti” nel processo negoziale d’uscita.
– Certezza giuridica. La Commissione europea vuole la Corte di giustizia europea resti il punto di riferimento per le controversie, e le sentenze della Corte medesima elemento valido per il futuro delle relazioni. Anche qui il concetto è lo stesso: dopo la Brexit non si azzera quanto fatto finora e i nuovi accordi non potranno essere retroattivi.
Ci saranno conseguenze
La Commissione europea prepara la strada per i negoziati. Difficile fare previsioni, ma una cosa è certa e Michel Barrnier l’ha voluta ricordare più volte nel corso della conferenza stampa: la Brexit non sarà senza conseguenze. “Qualcuno ha creato l’illusione di un Brexit che avverrà senza ripercussioni e velocemente, ma non è così. Chi racconta che il processo non avrà conseguenze non dice la verità”. La Brexit porta con sé incognite che non sono solo politiche. “Ci sono conseguenze giuridiche, finanziarie, economiche, commerciali”, ricorda Barnier. “Sono rimasto impressionato nel vedere quanto è complesso questo dossier”.
Manca la strategia britannica
Il Parlamento europeo è in realtà è più preoccupato per l’assenza ogni tipo di indicazione britannica. Non ne fa mistero Guy Verhofstadt, responsabile per la Brexit dei deputati. “Non mi sorprende che ci non ci sia un buon clima in questo momento. E’ normale, è un modo per fare pressione da entrambe le parti”, spiega il belga nel corso dell’audizione in commissione Affari costituzionali. “Tutto cambierà il 9 giugno”, dopo le elezioni straordinarie che formeranno il nuovo governo britannico. “Mi preoccupa la proposta britannica, che nessuno di noi conosce e che per questo contribuisce all’incertezza”. Nemmeno l’articolo 50 che prevede che uno Stato possa abbandonare l’Ue prevede come trattare situazioni simili, ma qui c’è più libertà di manovra. “L’articolo 50 non è chiaro, ma questa mancanza di precisione ci offre la possibilità di condurre il negoziato e procedere”. Il modo in cui la Commissione intende farlo è, a detta del Parlamento, quello giusto. “In generale posso dire che siamo in linea, non proprio al 100% ma quasi, con la proposta presentata oggi al collegio” da Barnier, assicura Verhofstadt. Un segnale di unità, fondamentale per i Ventisette in ottica negoziale.
Messaggi positivi arrivano anche dal presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che intervistato dal Corriere della Sera assicura che “alla fine un’intesa ci sarà”.