Bruxelles – I bassi numeri nella ricollocazione dei migranti che arrivano in Italia deriva dalla scarsa solidarietà da parte degli altri Stati membri. Lo sostiene una relazione speciale della Corte dei Conti europea dedicata al sistema comune di gestione dell’immigrazione basato sugli hotspots.
Se in Grecia i ritardi nei ricollocamenti sono dovuti alla lunghezza delle procedure e al divieto – valido dal marzo 2016 – per i nuovi arrivati di partire alla volta della Grecia continentale, ben diverso, secondo la Corte, è il caso dell’Italia. “Poiché i migranti ricevono migliori informazioni sulla ricollocazione, (nella Penisola, ndr) sono stati individuati più candidati”, fa notare l’organo di controllo europeo, che avverte: “il principale collo di bottiglia è adesso costituito dai pochi impegni degli Stati membri”. La Corte sottolinea inoltre come “a settembre 2016 gli altri Stati dell’Ue avevano assunto solo 3.809 prese in carico formali, contro l’impegno complessivo di ricollocare 34.953 persone provenienti dall’Italia”.
Secondo la Corte, ad ogni modo, il sistema degli hotspot “ha contribuito a migliorare notevolmente la registrazione e l’identificazione dei migranti ed i controlli di sicurezza sugli stessi”. Ma secondo l’organismo di controllo europeo deve essere fatto di più, poiché migliaia di migranti sono ancora nelle isole greche dopo il loro arrivo. Secondo la Corte, inoltre, molte delle persone in questione sono minori non accompagnati e si dovrebbe fare di più per aiutarli. “Alla fine del 2016 vi era ancora una carenza di strutture adatte ad alloggiare minori non accompagnati e a trattare questi casi in linea con le norme internazionali, sia negli hotspot che al successivo livello di accoglienza”, ha affermato oggi Hans Gustaf Wessberg, tra i responsabili della relazione, presentando il testo davanti alla commissione giustizia del Parlamento europeo. “Gli hotspots hanno permesso di evitare una catastrofe umanitaria. Ma ora bisogna migliorare la situazione con urgenza”, ha sottolineato Wessberg.
Sulla base di queste osservazioni, la Corte ha rivolto alla Commissione europea una serie di raccomandazioni affinché quest’ultima assista gli Stati membri per una gestione migliore. Tra le priorità di cui occuparsi ci sono la capienza dei centri, spesso sovraffollati, e l’impiego di esperti dedicati a particolari mansioni. In questo senso la Corte ha raccomandato alla Commissione di chiedere la nomina di un responsabile della protezione dei minori per ciascun hotspot.