Bruxelles – I deputati chiedono norme Ue per obbligare i fornitori di tessuti e di abbigliamento a rispettare i diritti dei lavoratori. Lo dice una risoluzione non legislativa approvata dal parlamento europeo a Bruxelles.
Secondo l’Organizzazione mondiale del commercio, più del 70 per cento delle importazioni di tessuti e vestiti dell’Ue arriva dall’Asia, con Cina, Bangladesh, India, Vietnam, Cambogia e Indonesia tra i maggiori produttori. La maggior parte degli acquirenti sono marchi globali che cercano prezzi bassi e tempi di produzione stretti, le cui conseguenze di solito cadono sui lavoratori. Dopo la tragedia di Rana Plaza, nella quale sono morte più di 1.100 persone a seguito del collasso di una fabbrica a Dhaka in Bangladesh, la Commissione europea ha promesso di portare avanti una vasta iniziativa di contrasto, ma finora non è riuscita a farla. Il Parlamento vuole spingere la Commissione ad affrontare la questione, tenendo conto che, spiega una nota, i lavoratori del settore tessile di tutto il mondo, molti dei quali sono giovani donne e bambini, soffrono a causa di lunghi turni di lavoro, bassi salari, incertezza, violenza e condizioni di lavoro pericolose. Nella risoluzione non vincolante adottata con 505 voti in favore, 49 voti contrari e 57 astensioni, i deputati rilevano che queste pratiche danneggiano anche l’industria dell’Ue, in quanto provocano “dumping” sociale.
“Non possiamo far finta di niente se i nostri vestiti sono fatti a costo di una grande sofferenza umana. Solo un quadro vincolante, si potrebbe garantire che i prodotti venduti sui mercati europei non violino la dignità e i diritti di milioni di lavoratori. L’Ue ha i mezzi per agire e chiediamo alla Commissione di farlo”, ha chiesto la relatrice Lola Sánchez Caldentey (GUE/NGL, Spagna).
Nel tentativo di aiutare a prevenire tragedie come il crollo della fabbrica di Rana Plaza in Bangladesh, avvenuto ad aprile 2013, si suggeriscono una serie di misure:
· Obblighi vincolanti di trasparenza: la Commissione europea dovrebbe presentare una proposta legislativa per un sistema vincolante di “diligenza”, basato sulle linee guida dell’OCSE, simile a quello adottato per i cosiddetti diamanti insanguinati, in grado di coprire copre tutta la catena d’approvvigionamento;
· Preferenze commerciali condizionate: l’Ue dovrebbe garantire che i Paesi esportatori di prodotti tessili con accesso preferenziale all’Ue rispettino gli standard sociale e producano tessuti sostenibili, mentre gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente i diritti dei lavoratori con i Paesi partner;
· Etichette: rendere visibile “l’impatto sociale della produzione” sugli stessi vestiti, per contribuire a creare un cambiamento duraturo;
· Esempio delle istituzioni: le istituzioni Ue dovrebbero dare il buon esempio nei loro appalti pubblici sui prodotti tessili.