Bruxelles – “Ci sono Paesi che ancora si rifiutano di fare la propria parte, creando non pochi problemi nelle fasi successive a quelle di identificazione.” Lo ha sostenuto l’eurodeputata del Pd Cecile Kyenge presentando il rapporto “Verso una migrazione sostenibile”, realizzato dall’Italian centre for international development (Icid) e dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Kyenge ha individuato due problemi nell’attuale implementazione delle politiche migratorie a livello europeo: il sistema di asilo e le misure di rimpatrio di coloro che non sono accolti in Italia.
“Col sistema degli hotspot si sono fatti passi avanti, ma non dimentichiamoci che tale sistema fa parte di una serie di impegni che gli Stati Membri hanno preso e che in parte ancora non sono stati assolti”, ha detto Kyenge, spiegando: “Quando i migranti devono entrare nel sistema di accoglienza vero e proprio, molti Paesi dell’Ue non intervengono come dovrebbero”. Una critica alle regole di Dublino che per ora impongono all’Italia l’onere dell’accoglienza dei richiedenti asilo che sbarcano sulle sue coste, visto il ritardo delle politiche di ricollocamento europee. “Esiste un sistema di asilo europeo su cui è in corso una riforma. L’Italia fa e continuerà a fare la sua parte ma si tratta di una questione europea e va affrontata come tale”, ha detto l’eurodeputata italiana di origini congolesi, aggiungendo: “Serve un meccanismo che incentivi i rimpatri volontari, un progetto di rientro che non violi il principio di non-respingimento e la Convenzione di Ginevra”.
L’altra grande questione irrisolta è proprio quella dei rimpatri. “Dove riportiamo chi non ha diritto di asilo? L’Italia oggi è sola in questo”, ha ribadito Kyenge. In particolare, secondo l’eurodeputata democratica, sono gli accordi di riammissione il nocciolo del problema. “Il nostro Paese non può da solo siglare decine di accordi di riammissione con Paesi terzi senza il supporto degli altri Stati Membri e di tutta l’Unione europea”, ha affermato, “soprattutto perché dobbiamo tenere conto del fatto che i Paesi di rimpatrio devono offrire le massime garanzie di rispetto dei diritti umani”. “La Libia, oggi, ad esempio, non può essere fra questi”, ha sottolineato Kyenge”.
L’ex ministra ha voluto dire la sua anche sulle recenti polemiche sul ruolo nei salvataggi in mare delle Ong. Alcune organizzazioni umanitarie secondo Frontex aiuterebbero gli scafisti, anche se le stesse Ong hanno respinto al mittente le accuse dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere. “Ribadisco che l’intervento delle Ong in mare oggi contribuisce a salvare migliaia di vite umane. Queste operano là dove c’è oggi un’obiettiva lacuna politica. È necessario stabilire un quadro di regole chiaro all’interno delle quali queste organizzazioni possono portare il proprio contributo in modo trasparente.”