Bruxelles – Riforme, riforme, riforme. Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, torna a chiedere ai governi di fare quello che si rende necessario per uscire una volta per tutte dalla crisi, e di non nascondersi dietro la scusa delle elezioni per non fare quanto promesso. E’ da quando è entrato in carica che Draghi esorta a fare le riforme, e torna a farlo una volta di più nel giorno in cui annuncia che l’Istituto di Francoforte decide di lasciare inviarati i tassi di interesse e conferma che “intende proseguire gli acquisti netti di attività, condotti al nuovo ritmo mensile di 60 miliardi di euro, sino alla fine di dicembre 2017 o anche oltre se necessario”. E’ la solita storia. La Bce fa la sua parte, ma gli altri devono fare la propria. “Le cose vanno meglio, c’è un crescita più robusta e più estesa”, premette Draghi al termine della riunione del consiglio direttivo. Eppure “la crescita economica continua ad essere ridotta da un lento ritmo di attuazione delle riforme strutturali”. Che devono fare gli Stati, a prescindere da tutto. “Capisco che quando un Paese entra in una fase elettorale la spinta per le riforme si riduca, ma non è una giustificazione per l’inazione, perché c’è sempre l’attuazione delle riforme adottate in precedenza”.
Nuovo attacco frontale agli Stati, dunque. Tutti, nessuno escluso. È importante che tutti rispettino le regole, a partire dalle riforme strutturali. “C’è una parte della disoccupazione che è strutturale, non ciclica”, ricorda il presidente della Bce. Vuol dire che “le riforme strutturali sono fondamentali”. Quasi si ripete Draghi, segno che è lasciato troppo solo nel lavoro resosi necessario per puntellare l’Eurozona. Eppure qualcuno, soprattutto in Germania, lo critica. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, continua a pensare che questa Bce sia troppo interventista. “Non commento le dichiarazioni dei politici, ma è ironico sentire certe dichiarazioni da chi promuove l’indipendenza della Banca centrale europea”. Un altro affondo, stavolta decisamente mirato. Altri, meno espliciti e pur chiari, a chi tende a uscire dal solco dei patti con eccessi di deroghe e flessibilità. “L’attuazione piena e coerente del Patto di stabilità e crescita e della procedura di squilibrio macroeconomico, nel tempo e tra i vari paesi, rimane cruciale per migliorare la resilienza dell’economia dell’area dell’euro”. A buon intenditor poche parole.