Roma – Bersaglieri col fez o senza fez? La sua esibizioni non potrebbe suscitare reazioni tra la multietnica popolazione residente in Italia con usi, costumi, cultura, religione tanto diversi tra loro? A sollevare il dilemma in Italia è l’on. Pino Pisicchio (gruppo misto). Il deputato rileva infatti – con una interrogazione al ministro della Difesa- come nel corso di operazioni di sicurezza delle nostre forze armate “la presenza di segni esteriori quali il fez, evidentemente riconducibile alle culture arabe, potrebbe suscitare un senso di sfida, diffidenza, discredito ad appartenenti ad altri Paesi che per motivazioni religiose e culturali disapprovano”. E in effetti- insiste Pisicchio- il fez potrebbe essere riconducibile “alla simbologia fascista e in particolare il fez calzato da alcuni di essi per le vie cittadine”.
A spegnere sul nascere il dibattito, il sottosegretario alla Difesa, Domenico Rossi. “Il fez- ricorda- entra ‘in servizio’ come copricapo dei bersaglieri fin dal 1855, quando gli zuavi, reparti speciali del corpo francese in Crimea, entusiasmati dal valore e dal coraggio dimostrati dai ‘fanti piumati’ durante la battaglia della Cernaia, offrirono in segno di ammirazione il loro copricapo. Da allora il fez ha caratterizzato la specialità, unitamente al cappello piumato, diventando ulteriore emblema di orgoglio e distinzione”. Il sottosegretario rimarca poi che il fez “è stato indossato dai bersaglieri nel corso delle guerre risorgimentali, nei conflitti mondiali e in tutte le operazioni militari successive, entrando quindi a pieno titolo nella tradizione uniformologica italiana”
Insomma Pisicchio si metta in pace: i bersaglieri continueranno a esibire, oltre al cappello con le piume, anche il fez con tanto di codina azzurra ciondolante sulle spalle.